Un "tavolo condiviso" per ridefinire il ruolo e la possibile operatività del diritto d'autore nell'era dei pirati. Questo l'auspicio principale emerso dal convegno sul diritto d'autore in cartellone al 61° Prix Italia, a Torino. In - parziale - risposta al quesito posto dal titolo del convegno - "solo i pirati navigano su internet?" - sono intervenuti esponenti della discografia, dei media e del web: Dori Ghezzi (in qualità di presidentessa della Fondazione Fabrizio De Andrè), Caterina Caselli della Sugar, Rob Kirkham (responsabile copyright per la BBC), Michael McGuire (analista per il Gartner Group) e Stefano Quintarelli di Reeplay.it, figura storica dello sviluppo del web nel nostro paese. Moderatore, Leonardo Chiariglione di Cedeo.net (società di consulenza internazionale). Uno che, ricorda lui stesso, «ha avuto un ruolo nel fare il mondo come è ora» essendo tra i pionieri dell'MPEG, il Moving Picture Experts Group, il gruppo incaricato di stabilire gli standard di formato per i media digitali dalla fine degli anni Ottanta, di fatto rendendo possibile la diffusione di contenuti audiovisivi sul web. Proprio Chiariglione introduce lucidamente la situazione delle difficoltà del diritto d'autore nell'epoca dei "pirati". «Questo è un tempo di transizione, come sempre quando si sviluppano nuove tecnologie. Nasce dallo scontro tra il "materiale" e l'"immateriale", e replicabile». Il problema del download illegale, secondo Chiariglione, è conseguenza del fatto che "non si è ancora provato abbastanza a convertire i milioni di pirati in utilizzatori legali".
L'apertura degli interventi è affidata a Dori Ghezzi, che riporta la sua personale esperienza di gestione di un patrimonio di diritti. La Ghezzi - appassionata per quanto decisamente "fuori ruolo" al tavolo dei relatori - parla senza mezzi termini del download illegale come di "catastrofe". Il download è appropriazione illecita («Vorrei vedere se io provassi a "scaricare" un pollo come reagirebbe l'allevatore di polli», sic). L'auspicio è che fosse necessario arrivare a tanto per cominciare a parlare di diritto d'autore. Le fa eco la Caselli: gli aspetti positivi dell'era della comunicazione a livello di taglio di costi non pareggiano in alcun modo le perdite. «La somma di tecnologia e ideologia della gratuità ci stanno mettendo in ginocchio». I dati citati dalla Caselli parlano di un mondo dominato dal download illegale, da pirati senza sensi di colpa, e con un'industria discografica massacrata (da 600 milioni di giro d'affari a 200, in Italia). Il sistema attuale è, secondo la Caselli, «incompatibile con l'ideologia di mercato». Occorre superare l'idea romantica che internet sia democratico, e accettare che sta arricchendo alcuni grandi gruppi monopolistici tagliando fuori le piccole realtà «vicine al talento». Questo si ripercuote anche sulla creatività: «rischiamo di trovarci un milione di dilettanti allo sbaraglio, e nessun Beatles». Che fare? La risposta è, per la Caselli, in un contesto legislativo chiaro, sviluppato - per esempio - in Francia, con la contestata legge Hadopi.
Più propositivo e meno catastrofista l'intervento di Rob Kirkham, della BBC. La compagnia nazionale inglese, che controlla 11 reti TV, 16 radio e un canale online spende 2,3 miliardi di sterline all'anno in contenuti originali, di cui 1,1 per i diritti d'autore. Dalle parole di Kirkham è facile misurare la distanza, in sviluppo aziendale e in risposta ai cambiamenti di mercato, che passa tra il modello italiano e quello inglese. Preso atto che la tecnologia digitale ha causato l'aumento esponenziale di accesso a contenuti "creativi", e che il Regno Unito, per ragioni anche linguistiche, vanta il primato negativo del numero di "pirati" (il 25 percento del totale), BBC ha pianificato una risposta "nuova" attraverso l'offerta di contenuti legali online, con il servizio iPlayer. Gli imperativi della compagnia inglese sono migliorare i servizi legali a pagamento, che offrono maggior qualità e minori rischi, educare il consumatore e usare - con proporzione - i mezzi diretti di persecuzione dei pirati. L'attuale regime di copyright non è adeguato allo sviluppo del mercato: «limita la domanda di sviluppo tecnologico e le aspettative degli utenti, e non aiuta chi detiene i diritti». Serve insomma un sistema di copyright concepito per il mondo digitale, e nuove regole per ripartire i diritti raccolti.
Anche Stefano Quintarelli accetta la definizione di "catastrofe": «i contenuti sono il re, la tecnologia è la regina, e hanno divorziato». Il problema riguarda anche i giornali e il mondo dell'informazione, e ha portato a una svalutazione della notizia. La tecnologia non si può fermare. Una soluzione è anticiparla, guardando al futuro: si può sapere cosa succederà, finora non si è pianificato. È necessario un mercato aperto, non dominato da realtà monopolistiche; bisogna cessare di pensare che il ricavo possa essere fondato sulla sola raccolta pubblicitaria.
L'idea di un "luogo" unificato per ospitare i diritti d'autore è la proposta di Michael McGuire. Potrebbe ovviare alle esigenze primarie degli utenti di contenuti online: trovare quello che cercano (è proprio la difficoltà di reperire materiale legalmente a indurre alla pirateria) e condividere le proprie "libraries" con gli altri utenti. La possibilità di tracciare gusti e preferenze si tradurrebbe in un vantaggio per l'industria.
Il mondo, insomma, sta cambiando e - ricorda ancora Quintarelli - quello che si possiederà tra dieci anni non sarà più in alcun modo un «unicum fisico» come siamo abituati a concepire "il disco", o "il film". Non si possieranno bit, ma solo diritti, e quindi il mercato riguarderà non i supporti, ma i diritti stessi.
L'apertura degli interventi è affidata a Dori Ghezzi, che riporta la sua personale esperienza di gestione di un patrimonio di diritti. La Ghezzi - appassionata per quanto decisamente "fuori ruolo" al tavolo dei relatori - parla senza mezzi termini del download illegale come di "catastrofe". Il download è appropriazione illecita («Vorrei vedere se io provassi a "scaricare" un pollo come reagirebbe l'allevatore di polli», sic). L'auspicio è che fosse necessario arrivare a tanto per cominciare a parlare di diritto d'autore. Le fa eco la Caselli: gli aspetti positivi dell'era della comunicazione a livello di taglio di costi non pareggiano in alcun modo le perdite. «La somma di tecnologia e ideologia della gratuità ci stanno mettendo in ginocchio». I dati citati dalla Caselli parlano di un mondo dominato dal download illegale, da pirati senza sensi di colpa, e con un'industria discografica massacrata (da 600 milioni di giro d'affari a 200, in Italia). Il sistema attuale è, secondo la Caselli, «incompatibile con l'ideologia di mercato». Occorre superare l'idea romantica che internet sia democratico, e accettare che sta arricchendo alcuni grandi gruppi monopolistici tagliando fuori le piccole realtà «vicine al talento». Questo si ripercuote anche sulla creatività: «rischiamo di trovarci un milione di dilettanti allo sbaraglio, e nessun Beatles». Che fare? La risposta è, per la Caselli, in un contesto legislativo chiaro, sviluppato - per esempio - in Francia, con la contestata legge Hadopi.
Più propositivo e meno catastrofista l'intervento di Rob Kirkham, della BBC. La compagnia nazionale inglese, che controlla 11 reti TV, 16 radio e un canale online spende 2,3 miliardi di sterline all'anno in contenuti originali, di cui 1,1 per i diritti d'autore. Dalle parole di Kirkham è facile misurare la distanza, in sviluppo aziendale e in risposta ai cambiamenti di mercato, che passa tra il modello italiano e quello inglese. Preso atto che la tecnologia digitale ha causato l'aumento esponenziale di accesso a contenuti "creativi", e che il Regno Unito, per ragioni anche linguistiche, vanta il primato negativo del numero di "pirati" (il 25 percento del totale), BBC ha pianificato una risposta "nuova" attraverso l'offerta di contenuti legali online, con il servizio iPlayer. Gli imperativi della compagnia inglese sono migliorare i servizi legali a pagamento, che offrono maggior qualità e minori rischi, educare il consumatore e usare - con proporzione - i mezzi diretti di persecuzione dei pirati. L'attuale regime di copyright non è adeguato allo sviluppo del mercato: «limita la domanda di sviluppo tecnologico e le aspettative degli utenti, e non aiuta chi detiene i diritti». Serve insomma un sistema di copyright concepito per il mondo digitale, e nuove regole per ripartire i diritti raccolti.
Anche Stefano Quintarelli accetta la definizione di "catastrofe": «i contenuti sono il re, la tecnologia è la regina, e hanno divorziato». Il problema riguarda anche i giornali e il mondo dell'informazione, e ha portato a una svalutazione della notizia. La tecnologia non si può fermare. Una soluzione è anticiparla, guardando al futuro: si può sapere cosa succederà, finora non si è pianificato. È necessario un mercato aperto, non dominato da realtà monopolistiche; bisogna cessare di pensare che il ricavo possa essere fondato sulla sola raccolta pubblicitaria.
L'idea di un "luogo" unificato per ospitare i diritti d'autore è la proposta di Michael McGuire. Potrebbe ovviare alle esigenze primarie degli utenti di contenuti online: trovare quello che cercano (è proprio la difficoltà di reperire materiale legalmente a indurre alla pirateria) e condividere le proprie "libraries" con gli altri utenti. La possibilità di tracciare gusti e preferenze si tradurrebbe in un vantaggio per l'industria.
Il mondo, insomma, sta cambiando e - ricorda ancora Quintarelli - quello che si possiederà tra dieci anni non sarà più in alcun modo un «unicum fisico» come siamo abituati a concepire "il disco", o "il film". Non si possieranno bit, ma solo diritti, e quindi il mercato riguarderà non i supporti, ma i diritti stessi.