Il giovane Don Bucefalo

Conversazione con il baritono Björn Bürger prossimo al debutto come Don Bucefalo nelle "Cantatrici villane" di Valentino Fioravanti all'Oper Frankfurt

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Björn Bürger (nella foto di Barbara Aumüller) è uno degli ultimi acquisti all'Oper Frankfurt. A trent'anni e fresco di studi - allievo di Hedwig Fassbender all'Università della musica e delle arti performative di Francoforte - si è lanciato nell'attività con un'autorità propria dei fuoriclasse. Solo qualche piccolo ruolo per rodarsi ma praticamente da subito coinvolto in ruoli importanti in alcune delle produzioni di repertorio del teatro: è stato il protagonista di "Owen Wingrave" di Britten, Dandini nella "Cenerentola", Harlekin nell'"Arianna a Nasso" di Strauss e ha ricoperto il doppio ruolo di Frank e Fritz nella "Città morta" di Korngold. Nonostante la sua carriera sia iniziata ufficialmente solo due stagioni fa, si è già fatto notare internazionalmente: è stato Don Giovanni all'Opera di Oslo e Papageno alla Bastille e presto lo aspettano a Glyndebourne per il debutto come Figaro nel "Barbiere di Siviglia". Intanto a Francoforte, fra qualche giorno lo si potrà vedere nel ruolo comico di Don Bucefalo nella nuova produzione delle "Cantatrici villane" di Valentino Fioravanti in programma al Bockenheimer Depot in una produzione firmata da Caterina Panti Liberovici per la regia, Sergio Mariotti per le scene e Caterina Botticelli per i costumi. Per parlare di questo ruolo ma anche dei suoi primi passi nel mondo dell'opera, abbiamo incontrato Björn Bürger qualche giorno fa in una pausa delle prove delle "Cantatrici".

Come descriveresti il personaggio di Don Bucefalo?

«L'aspetto più interessante del personaggio è la sua visione del mondo. Bucefalo è un sognatore, un grande visionario, che cerca di creare qualcosa di grandioso, di reale, di autentico, in ogni impresa nella quale si lancia. Anche quando incontra le giovani donne, le "cantatrici villane", cerca di creare qualcosa di grande e anche lì ciò che fa è come un sogno. Il confine fra realtà e sogno è sempre molto presente in quest'opera. Come interprete, credo sia interessante proporre questa idea del personaggio: essere onesto e "vero" in quello che faccio senza davvero percepire se tutto accade veramente o solo nella testa di Bucefalo. È sogno o realtà?»

Non credi si tratti piuttosto un fanfarone, privo di senso della realtà?

«No, non penso. È onesto ed è capace di apprezzare le qualità di ognuna delle cantatrici con le quali si relaziona. Come nelle "Cantatrici", quando si lavora a un'opera spesso si vive davvero in una situazione di grande vicinanza con i colleghi: ci si vede tutti i giorni per diverse ore, si lavora insieme, si mangia insieme, si vive quasi insieme. Per questo tutte le cantatrici sono impressionate dal "Maestro" Bucefalo, il maestro di cappella, dalla sua autorità, dalle sue idee e dalla forza della creazione che lo rendono in un certo senso "sexy". O almeno lo spero!»

Magari è banalmente un'attrazione per il potere ...

«Non direi. Nel personaggio c'è un fondo di indecisione, di esitazione. Bucefalo non è mai sicuro fino in fondo di quello che fa. Quel che fa è provare continuamente e riconosce il successo quando vede l'ispirazione negli occhi delle sue interpreti.»

Comunque sia Bucefalo resta un personaggio comico nella tradizione dell'opera buffa italiana, che gioca anche con la lingua e l'uso del dialetto napoletano. È un aspetto che si manterrà nella produzione di Francoforte?

«Ovviamente qui a Francoforte si è lavorato a una versione del libretto che potesse essere compresa anche da un pubblico che non necessariamente parla italiano. Non si tratta una semplice traduzione ma di un adattamento, in particolare di certe espressioni, così che possano essere comprese anche da orecchie tedesche. Buona parte del testo in napoletano è stato tradotto in italiano, ma non tutto. Bucefalo a volte canta in napoletano, specie quando le sue paure o i suoi incubi prendono il sopravvento. A proposito della comicità, è vero che è un aspetto fondamentale dell'opera di Fioravanti, tuttavia abbiamo cercato di asciugare un po' il testo per esaltare la comicità che comunque è presente nella musica.»

È molto complicato per te cantare in napoletano?

«Sì e no. In realtà cantare in napoletano sembra così naturale. In un certo senso esce dalla bocca scivolando sulla lingua. Vocalizzare in napoletano è così naturale!»

Sei all'Oper Frankfurt da un paio di stagioni e ti sei già esibito in numerosi ruoli di rilievo. Non è un po' rischioso per lo sviluppo della voce?

«Direi che è molto positivo che si aprano tutte queste occasioni. Non credo sia rischioso: al momento i ruoli che accetto non sono troppo pesanti per la mia voce. Per gli altri ci sarà tempo. È importante avere molto tempo per preparare il debutto in un nuovo ruolo, imparando la musica molto bene e riflettere su come voglio affrontare il personaggio quando cominciano le prove. Per il Don Giovanni di Oslo ho avuto un anno per entrare nel personaggio, sia musicalmente che psicologicamente. È fondamentale arrivare preparati.»

Proposte interessanti in vista?

«Per ora debutterò come Figaro nel "Barbiere di Siviglia" a Glyndebourne il prossimo maggio e ne sono entusiasta. Ci sono altre proposte ma per ora è prematuro parlarne.»

I tuoi compositori ideali?

«Al momento Mozart e Rossini direi. La mia voce si trova molto a proprio agio con i ruoli di coloratura.»

Come hai deciso di diventare cantante?

«Ho cominciato a studiare musica nel modo più classico studiando violino e pianoforte. Durante le lezioni di pianoforte la mia insegnante si è accorta del mio interesse per il canto e mi ha incoraggiato a proseguire. Il passo successivo è stato di frequentare delle lezioni di canto. In effetti fin da piccolo avrei voluto fare l'attore di teatro e all'età di quindici o sedici anni lo confessai alla mia prima insegnante di canto, che mi disse: "Fare l'attore è una bella cosa, ma perché non studiare per diventare un cantante d'opera?" Per me è stata un'illuminazione: era la prima volta che pensavo che quello sarebbe stato il mio percorso. Oggi ho raggiunto la consapevolezza che per me, amando stare sulla scena e la musica, è assolutamente è normale essere un "cantante che recita".»

E poi? «Mi sono perfezionato qui alla Hochschule di Francoforte nella classe la Prof.ssa Hedwig Fassbender. Il sovrintendente dell'Oper Frankfurt Bernd Loebe mi ha organizzato un'audizione nel suo teatro e quindi offerto un contratto per diventare membro dell'ensemble due anni prima della fine dei miei studi. È un'opportunità straordinaria per uno studente proseguire negli studi con un obiettivo chiaro.»

L'idea di entrare subito in una macchina da opera com'è un teatro di repertorio in Germania non ti preoccupava?

«Io lo vedevo e lo vedo più come un'opportunità per un giovane cantante. In ogni caso non c'è stato tempo per preoccuparsi: una volta in teatro, devi fare i tuoi esercizi per la voce, devi imparare i ruoli che ti assegnano, devi studiare i personaggi. Per di più nel mio caso da subito mi hanno assegnato ruoli non proprio secondari: a parte Nicholas in "Vanessa" e Curio in "Giulio Cesare in Egitto", ho debuttato con Papageno già nella mia prima stagione in teatro. È certamente una sfida ma che permette anche di fare molti progressi e anche di capire fino a dove ti puoi spingere.»

C'è un ruolo in particolare sogni da sempre di cantare?

«Certamente il Figaro del "Barbiere", un sogno che si avvererà presto a Glyndebourne. È un ruolo che conosco fin da quando ero bambino. Mi auguro diventi il mio cavallo di battaglia!»

Stai già pensando a ruoli più pesanti in futuro?

«Il futuro è così lontano per il momento che non ci penso davvero. La voce ha bisogno di molto tempo per maturare. Ogni anno si scopre qualcosa di nuovo studiando nuovi ruoli che pongono sempre nuove sfide alla voce. È come se si aprissero sempre nuove porte. Quello che era un problema anche solo sei mesi fa improvvisamente la voce è in grado di affrontarlo senza particolari difficoltà. Proprio per questo sono certo che arriverà il tempo di Verdi, forse anche Wagner diventerà una presenza molto importante per me un giorno.»

Un passaggio fondamentale per un cantante tedesco è affrontare il repertorio liederistico. Ancora non ti sei cimentato se non occasionalmente in questo genere ...

«Adoro cantare i Lieder! Al momento non mi rimane troppo tempo per dedicarmici. Per un giovane cantante non c'è niente di meglio per stabilizzare la tecnica, il respiro e l'interpretazione, tutti aspetti cruciali anche per il lavoro in scena. In un certo senso un Lied è come una microopera: in pochi minuti devi esprimere quello che in un'opera esprimi in varie ore.»

Ci sono dei cantanti di oggi o del passato particolarmente importanti per te?

«Sono molti i cantanti che adoro. Ce n'è uno per ogni giorno. Mi fa impazzire la tecnica del baritono Christian Gerhaher, con cui ho fatto "Don Giovanni" qui a Francoforte, Leo Nucci, Renato Bruson ... Per ogni stato d'animo c'è un cantante da cui si può imparare.»

Torniamo alle "Cantatrici villane": come vanno andando le prove?

«Benissimo. Collaboriamo molto fra di noi e l'atmosfera è molto creativa. Si tratta davvero di un'opera "corale" e qui a Francoforte siamo un gruppo molto omogeneo di giovani cantanti (alcuni fanno parte dell'Opera Studio, il workshop per giovani voci del teatro). Lavoriamo benissimo insieme.»

Quali sono i punti di forza dell'opera di Fioravanti?

«È un lavoro buffo che è più di un lavoro buffo. Non c'è solo il lato comico, ma anche una profondità che noi interpreti abbiamo scoperto con la regista Caterina Panti Liberovici. Ed è un lavoro dalla infinite sfumature: talvolta sembra di ascoltare passaggi da Mozart, talvolta da Rossini, ma ci sono anche aspetti nel libretto che fanno pensare a situazioni che si ritroveranno un secolo più tardi.»

Quindi vale la pena non perderla?

«Assolutamente!»

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