Il manoscritto ritrovato a Lovanio

Il musicologo David Burn spiega l'importanza del ritrovamento del Leuven Chansonnier

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classica

Alla Casa della Polifonia di Lovanio (ne abbiamo parlato qui e qui) il 24 aprile 2017 si è svolta la conferenza stampa di presentazione di un manoscritto appartenente all’epoca d’oro dell’arte musicale franco-fiamminga di cui non si conosceva l’esistenza.

Il prezioso codice dal formato tascabile di 12x8,5 cm. è stato chiamato Leuven Chansonnier e nel suo piccolo contribuisce ad arricchire il repertorio delle chansons del XV secolo e a offrire versioni ben definite di composizioni di autori come Binchois, Ockeghem, Busnoys e altri maestri oltremontani contenute in altri manoscritti. Il suo contenuto probabilmente rappresenta una selezione elettiva, e la prima apparizione pubblica del canzoniere lovaniense ha suscitato meraviglia e stupore grazie anche alla presentazione fatta da Bart Demuyt, direttore della Alamire Foundation, Dominique Allard, direttore della King Baudouin Foundation, e David Burn, docente di Musicologia presso l’Università Cattolica della città fiamminga, al quale abbiamo chiesto di raccontare l’importanza di questo straordinario documento storico.

Come è spuntato fuori questo manoscritto fino ad oggi sconosciuto?

«Nel dicembre del 2015 abbiamo ricevuto una mail da un collezionista d'arte nella quale raccontava di aver partecipato a un'asta e di aver acquistato un insieme di oggetti, fra i quali vi era un piccolo manoscritto con notazione musicale. Non sapeva di cosa si trattasse e voleva sapere se poteva avere un qualche valore storico. Anche se la mail non conteneva molti dettagli, quei pochi elementi suggerivano l'idea che valesse la pena di dargli un'occhiata. Poco tempo dopo, era un mercoledì pomeriggio di una giornata ordinaria, questa persona si è presentata nel mio ufficio e appena ho visto tirare fuori dal suo zainetto il libro, mi sono subito reso conto che si trattava di qualcosa di un immenso valore musicale sia dal punto di vista storico che culturale».

Che cosa contiene?

«Contiene cinquanta composizioni, di cui quarantanove sono canzoni profane in lingua francese, tranne quella iniziale che è in latino. All'epoca era normale porre un brano di musica sacra in una antologia di chansons, come una sorta di dedica del manoscritto. Non sappiamo la data esatta della sua redazione, ma tutto lascia pensare che sia stato realizzato attorno al 1475. Conosciamo solo cinque o sei manoscritti equivalenti dello stesso periodo, dunque si tratta di qualcosa di molto raro e la cosa più sorprendente e affascinante è che sia spuntato dal nulla. L'ultimo ritrovamento del genere risale al 1939. Una scoperta simile può capitare una volta nella vita...».

Come è possibile che non si conoscesse l’esistenza di un documento così importante?

«Il libro è rimasto sconosciuto per così tanto tempo quasi certamente perché le persone che lo hanno posseduto non sapevano che cosa fosse. Fra i pochi codici analoghi, questo è quello meglio conservato perché non presenta pagine mancanti e la legatura è quella originale. Si tratta di un documento musicale estremamente importante: oltre a contenere dodici chansons sconosciute fino a oggi, le versioni di quelle già note sono migliori rispetto ad altri manoscritti. Ciascun codice è un documento unico che può presentare versioni corrotte di una musica o essere una copia di altri manoscritti, e così via. Sebbene le trentotto chansons siano note e presenti altrove, questo nuovo testimone offre importanti informazioni su di esse. I testi poetici sono completi, in alcuni casi per la prima volta, ed è di chiara lettura nonostante le sue piccole dimensioni. È il più piccolo chansonnier noto fino ad oggi, anche se di poco rispetto al Laborde conservato a Washington».

A cosa poteva servire un manoscritto di queste dimensioni?

«Questo vuol dire che non poteva essere letto da tre cantanti nel corso delle loro esecuzioni, e neppure da un singolo interprete. L'accuratezza dei testi fa pensare a un uso personale destinato piuttosto alla lettura, come custode di alcune composizioni favorite, da guardare magari prima del loro ascolto. Non sappiamo esattamente in che modo il libro fosse utilizzato né perché sia stato realizzato, ma è probabile che sia stato concepito per il diletto privato e individuale di un cultore, come un oggetto poetico e visivo prima ancora che musicale».

Dove potrebbe essere stato realizzato?

«Non sappiamo esattamente dove, ma cinque manoscritti simili provengono dalla Valle della Loira, forse da Tours o Orléans, dunque probabilmente proviene dalla stessa regione nella quale erano attivi molti compositori franco-fiamminghi, come Ockeghem, che lavorava presso la corte francese che prevalentemente risiedeva a Tours, e che era legato anche alla grande Abbazia di Saint Martin».

La foto in apertura è di Rob Stevens

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