La 49esima edizione di Urbino Musica Antica verrà inaugurata la sera del 19 luglio nel Salone del Trono del Palazzo Ducale con un concerto di Enrico Baiano dedicato ad una selezione di musiche dal secondo libro del Clavicembalo ben temperato di Bach. Dalla mattina seguente inizierà l'intensa attività dei corsi che si svolgeranno fino al 29 luglio. La loro lunga tradizione, un tempo erano quasi gli unici in Italia, rende Urbino un polo di attrazione per gli amanti della musica antica perché oltre alla qualità dei docenti, oggi tra i musicisti più noti e apprezzati e che in molti casi in gioventù l'avevano frequentata da allievi, il paesaggio naturale e storico in cui si svolgono lezioni e concerti è una grande cassa di risonanza emotiva. Lo dimostra il fatto che ci sono iscritti che vengono non solo da tutta Europa, ma dall'America del Nord e del Sud, dall'Australia, dal Giappone e da altri paesi dell'Asia. I corsi diretti da Andrea Damiani abbracciano quasi tutti gli strumenti storici più importanti, e la musica d'insieme vocale e strumentale, oltre che la danza.
«Quest’anno abbiamo 280 iscrizioni, ed avremo anche una piccola sezione dedicata agli strumenti del periodo classico, con fortepiano e clarinetto storico. In particolare la vocalità sembra essere al centro di tutte le attività, perché ci sono state così tante richieste che abbiamo dovuto aggiungere una classe di canto. Anche i corsi di musica da camera richiamano numerosi allievi. Nella sezione Urbino Giovani alla quale si sono iscritti 48 giovanissimi allievi abbiamo aggiunto anche il clavicembalo. Riguardo la nostra attività formativa voglio ricordare anche la nostra collaborazione con il progetto europeo VOXearlyMUS, di cui la Federazione Italiana di Musica Antica (FIMA) è partner, che grazie alla cooperazione tra i conservatori di Bucarest, Eisenstadt, L’Aia, Parma e Vicenza sta offrendo a piccoli gruppi vocali un percorso formativo di eccellenza e delle opportunità di crescita culturale e musicale. Questo ensemble di giovani cantanti e strumentisti eseguirà un concerto diretto da Isaac Alonso de Molina il 23 luglio, nel Palazzo Ducale dove si svolgeranno anche gli altri eventi musicali in programma.».
Fino al 29 luglio ne è previsto uno ogni sera, poiché UMA è anche un festival diretto da Marcello Gatti, che coinvolge una buona parte del suo corpo docente. Nei tre concerti conclusivi, che vedranno impegnati il maggior numero di musicisti, si coglie l'essenza di una manifestazione che ha il suo punto di forza nella formazione musicale. Il primo di questi sarà dedicato a Telemann e sarà diretto da Alfredo Bernardini, al termine del corso destinato a mettere in piedi l'Orchestra Barocca FIMA di questa nuova edizione.
A 250 anni dalla sua scomparsa si è celebrato abbastanza Telemann?
«Non credo che se ne sia parlato abbastanza in proporzione alla musica che ha scritto, visto che è il più prolifico autore della storia della musica, seppure non tutta la sua produzione sia dello stesso livello. Ma certamente meriterebbe delle celebrazioni più importanti di quelle che sta ricevendo. Il problema è che con Telemann il pubblico si perde, perché è difficile identificare grandi capolavori, come nel caso di altri compositori dello stesso periodo, anche se ha scritto musiche di un livello altissimo. Nonostante fosse il musicista più famoso nella Germania della prima metà del Settecento, per esempio oggi è molto difficile proporre e pubblicare incisioni discografiche delle sue musiche, nonostante si conosca solo una parte della sua produzione strumentale e non ad esempio la grande quantità di Passioni e cantate».
Che cosa eseguirete?
«Una selezione dalle tre produzioni di Tafelmusik, ognuna delle quali comprende una suite, un concerto, un quartetto, e un solo, in modo da dare alternanza ai diversi gruppi strumentali e coinvolgere il maggior numero possibile di studenti. Il mio auspicio sarebbe quello di poter organizzare una specie di banchetto attorno a questa musica, visto che è stata pensata per essere suonata fra una portata e l’altra dei conviti. Questo è un mio vecchio sogno, e non so se sarà possibile realizzarlo questa volta ad Urbino. Bisogna tener presente che la musica classica oggi ci viene presentata in modo sostanzialmente e concettualmente differente da come accadeva nel Settecento, quando era vissuta in contesti conviviali, e non esisteva la formalità dei musici sul palco e del pubblico in platea, degli applausi dopo quattro movimenti di un brano musicale e via di seguito, che invece appartiene al secolo seguente. Ad un certo punto ci sarà anche una piccola coreografia curata dalla Bolshoi Ballet Academy che autonomamente svolge un campus estivo rivolto ai giovani in collaborazione con l’Università di Urbino».
Il programma dei corsi è molto intenso…
«Lezioni individuali di strumento o canto al mattino, musica d’insieme nel pomeriggio e poi prove d’orchestra. Ma ogni anno i corsi sono diversi e possono esservi più professionisti o aspiranti tali, oppure più dilettanti perché è un punto di ritrovo aperto a tutti. Va detto che i dilettanti sono importantissimi perché vogliono sapere, conoscere, capire, ed è una dimensione che manca molto in Italia, mentre sono figure fondamentali per le culture musicali di altri paesi. Si tratta di persone che fanno un altro mestiere ma frequentano i concerti, seguono le produzioni discografiche, e in generale partecipano alla vita musicale. Poi ci sono molti giovani che cercano di definire e indirizzare i propri studi musicali, e vengono per conoscere gli insegnanti ed anche per incontrare altri giovani con cui suonare insieme, cosa che accade in una apposita sezione che si programma di giorno in giorno, chiamata “I concerti del crepuscolo”. Ricordo che avevo dieci anni quando sono venuto ad Urbino nel 1972, e in totale eravamo 35 studenti e i docenti erano quattro o cinque. Io ero il più piccolo di tutti. Li è scoccata la scintilla che ha acceso il mio amore per la musica. E poi ho cominciato ad insegnarvi nel 1984. Ho saltato qualche anno per rigenerami, perché si lavora moltissimo ed è molto impegnativo ma ovviamente molto interessante. Con il tempo ti rendi conto che ha cambiato la vita di molti giovani, e a volte non solo sul piano musicale, ma anche su quello personale ed affettivo»
Il penultimo concerto di UMA 2017 si svolgerà al termine dei due corsi tenuti da Alessandro Quarta, e sarà eseguito dall'Ensemble vocale FIMA, formato in base al numero degli iscritti, e da un gruppo aggiunto, l'Orchestra Nazionale Barocca dei Conservatori Italiani.
Cos’è questa orchestra?
«È nata su iniziativa del Conservatorio di Palermo, voluta dal suo direttore Daniele Ficola, e ha debuttato nell’aprile dello scorso anno. Funziona a progetto e i suoi musicisti vengono segnalati e selezionati fra gli iscritti ai corsi di musica antica dai docenti dei relativi dipartimenti. Chi poi deve dirigerli seleziona l'organico in base alle necessità del programma prescelto. In questo caso si tratta di archi, tiorba, organo e cembalo, e di un ensemble vocale composto per metà da studenti di canto provenienti da diversi conservatori e per metà selezionati tra coloro che si sono iscritti ai corsi di Urbino, oltre a quattro solisti già professionisti tranne il soprano che è una neodiplomata. Ho già svolto un progetto con questa orchestra nel settembre del 2016, affrontando il repertorio sacro italiano del Settecento, che se escludiamo i grandi compositori come Vivaldi e Scarlatti è relativamente poco conosciuto, e permette di ottenere buoni risultati anche se impegnativo dal punto espressivo. Urbino è il luogo nel quale si può presentare un concerto prescindendo dal richiamo dei nomi degli autori in programma, ed è dunque possibile far scoprire qualcosa di poco conosciuto».
Come le musiche di Bencini e Gonelli che eseguirete il 28 luglio?
«Si. Il romano Pietro Paolo Bencini [1680-1755] era un compositore importante all'epoca, basti pensare che è stato una fonte di ispirazione per Handel, ed eseguiremo il Laetatus sum. Giuseppe Gonelli [1685-1745] era un maestro di cappella cremonese autore prevalentemente di musica sacra. Padre Martini parlò in modo entusiastico delle sue fughe, e la sua musica è conservata nella biblioteca del Conservatorio di Bologna. Il De Profundis in dieci movimenti del 1736 è un compendio di stili, dal tardo barocco allo stile galante, e anticipa la ricerca di colori orchestrali che si svilupperà nella seconda parte del secolo. Ad esempio c'è un movimento lungo tutto il quale gli archi sono sempre pizzicati, in un altro i violini e le viole procedono all'unisono, ci sono poi arie patetiche molto vicine a quelle del repertorio operistico, e allo stesso tempo vi si rinnova la severità della tradizione contrappuntistica della fuga. Il suo controllo dei vari stili è mirabile e presenta tratti che poi diverranno comuni nello stile del classicismo. È la prima volta che viene eseguito in epoca moderna e poi dopo Urbino, lo presenteremo in ottobre al Teatro Dal Verme di Milano nella stagione dei Pomeriggi Musicali».
Quanto influisce, nel risultato finale, il clima nel quale si prepara un programma da concerto?
«La natura dei progetti dell'Orchestra Nazionale Barocca dei Conservatori Italiani grazie al sostegno del MIUR è libera da logiche commerciali, e in generale questo consente di studiare e approfondire il contesto storico, le problematiche di esecuzione, e amare la fase di preparazione del concerto e quell'insieme di passione e dedizione che consente di regalare qualcosa al pubblico. Il buonumore con cui si affronta questo lavoro è fondamentale, e il pubblico ascolterà non solo un concerto ben fatto ma anche il risultato dell'esperienza del vissuto di condivisione del progetto, che resterà nella memoria dei giovani musicisti. Grazie a realtà come quella di Urbino, può esistere una esperienza di studio non condizionata dalla frenesia di produrre in pochissimo tempo e sotto pressione l'allestimento di un concerto. Le classi dirigenti di oggi hanno bruciato i sogni dei giovani, e anche se noi non siamo in grado di restituirglieli, il nostro ruolo è molto importante per riaffermare il diritto di potersi dedicarsi all'arte».
L’ultimo concerto di UMA 2017, ma è più giusto parlare di spettacolo, sarà dedicato ad una selezione di scene monteverdiane tratte da Orfeo, Il ritorno di Ulisse in patria e L’incoronazione di Poppea, a conclusione di una masterclass tenuta da Rinaldo Alessandrini.
«Il concerto verrà costruito ad Urbino in relazione alla capacità degli allievi e alle loro possibilità di assimilazione. Decideremo chi canta cosa una volta sul posto, ma l’aspetto più importante è che sarà uno spettacolo con una vera e propria messa in scena. È la prima volta che accade una cosa del genere nei corsi, e non solo per sottolineare la ricorrenza monteverdiana, ma anche perché credo sia arrivato il momento di provare a verificare, nel repertorio del teatro d’opera, l’uso del corpo e della gestualità oltre che del canto, per arrivare ad un risultato completo. Sono una serie di scene tratte dalle opere di Monteverdi, che anche se eseguite in ordine arbitrario mostrano un collegamento».
Come sottinteso dal titolo “Differenti tipi d’amore”.
«Si. Nerone e Poppea, il valletto e la damigella, Proserpina e Plutone, Orfeo ed Euridice, sono esempi di caratterizzazione amorosa. Si può parlare di amore erotico, di amore rubato, di amore interessato, e così via. Questo dovrebbe sollecitare gli allievi a 360 gradi. Non saremo in teatro e non avremo un palcoscenico, ma mi auguro che il bilancio sia positivo. Sarebbe fantastico in futuro poter allestire ad Urbino un’intera opera».
Magari il prossimo anno, per il Cinquantenario di UMA?
«Credevo fosse già passato… In effetti ho perso il conto, perché ho iniziato da allievo e poi ho proseguito come docente…».