Yasmine Hamdan, una meravigliosa reprise

Jamilat Reprise è il favoloso album di remix di Al Jamilat della diva libanese Yasmine Hamdan

Yasmine Hamdan (foto di Flavien Prioreau)
Yasmine Hamdan (foto di Flavien Prioreau)
Disco
world
Yasmine Hamdan
Jamilat Reprise
Crammed Discs
2018

Molti, fra gli appassionati di world music, ricordano le belle avventure sonore di qualche anno fa dei Soapkills, il duo che seppe innervare sul tronco spesso della tradizione libanese dosi accorte di trip hop, fragranze pop spesso irresistibili, e molto altro.

Poi il paese dei cedri è finito nella terribile tempesta di interessi che alla fine prende l’unico nome collettivo di “guerra”, e la bella e brava Yasmine Hamdan s’è rifugiata a Parigi. Scelta perfetta, perché la capitale francese, almeno per quanto riguarda le “musiche dal mondo” continua a essere luogo d’elezione. Dunque i suoi dischi solisti hanno saputo preservare le fragranze antiche, via via assorbendo, anche, quanto di significativo si avvicendava sulla scena del folk progressivo e di ricerca.

Nel 2017 Hamdan fece uscire Al Jamilat, disco di una bellezza folgorante, undici tracce che davano conto appieno della sua sontruosa vocalità melismatica, e con una magnifica produzione curata da lei stessa assieme a Luke Smith e Leo Abraham. Arricchita da collaborazioni prestigiose, ad esempio Steve Shelley dei Sonic Youth e Shahzad Ismaily, ascoltato all’opera con Lou Reed e Laurie Anderson.

Adesso il passo è ancora più radicale e spinto verso terra incognita, perché Jamilat Reprise sceglie qui di affidare la materia melodico-ritmica del gran disco precedente a una scelta schiera di manipolatori del suono, specialisti nello smontare e rimotare un brano da mille angolature diverse.Troviamo gente come Acid Arab, Greg Bauchau, Shed, Olga Kouklaki, per citare qualcuno. La cosa più interessante, però, è che sia Yasmine Hamdan stessa a remixare se stessa: succede con "La Chay", un brano che sull’originale arrivava quasi alla conclusione.

Molto spesso la polpa sonora è quasi prosciugata, restano in piedi solo fascinosi scheletri ritmici imbevuti di delay che avvicinano e allontanano assieme il volteggio della voce. Siamo quindi in zone di indagine sonora che Mr. Bill Laswell ha aperto a tutti, indicando la via misteriosa per la quale una composizione può essere una, nessuna e centomila, quasi.

I risultati, qui, sono però così notevoli che il consiglio sarebbe di ripubblicare l’originale Al Jamilat in edizione doppia, acclusi questi remix: potrebbero avvicinare più d’un ascoltatore.

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