Xylouris-White, da Creta all'Australia
Terzo, magnifico disco del duo lauto-batteria di Georgios Xylouris e Jim White dei Dirty Three
È il terzo disco per il duo Xylouris-White: Mother segue l'esordio Goats (2014) e Black Peak (2016), e una lunga attività dal vivo a metà tra club rock e festival di world music.
Ammetto di avere un debole per il duo Xylouris-White. Il fatto è che ci sono dischi che ti riconciliano con molti generi tutti insieme, dischi così semplicemente semplici e senza fronzoli – e insieme freschi, nuovi, diversi – che fanno credere che in quel mondo sfumato delle musiche “di tradizione” che guardano al contemporaneo ci siano ancora delle cose importanti da dire, e che sia possibile farlo senza tanti giri di parole. E Mother fa tutto questo benissimo.
Xylouris è un cognome importante per la musica di Creta: Georgios (classe 1965), virtuoso del lauto, è figlio di Psarantonis (Antonis Xylouris, 1942) e suo zio è Nikos (1936-1980), eroe della canzone cretese, e anche greca (è stato la voce della dissidenza contro il Regime dei Colonnelli). La famiglia Xylouris – almeno, un ramo fra i suoi molti – si è trasferita da tempo in Australia (dove esiste una ricca comunità di emigrati dalla Grecia). Lì Georgios suona come professionista dall’età di 12 anni, e ha incontrato una delle glorie alternative del rock del continente, Jim White, batterista noto soprattutto come parte dei Dirty Three – il favoloso trio capitanato dal violinista Warren Ellis, a sua volta principale collaboratore di Nick Cave –, oltre che come turnista di lusso a fianco di Cat Power, PJ Harvey, Smog, Courtney Barnett e Kurt Vile.
Amici da tempo (oltre 25 anni), i due hanno messo su questo duo tra lauto (spesso suonato in un amplificatore, con una “pacca” e un piglio rock) e batteria – tanto improbabile quanto splendido. Canzoni cretesi (cantate dalla bella voce di baritono di Xylouris), lente meditazioni affidate al lauto, sostenuti brani quasi-rock. White è uno dei batteristi più originali in circolazione, con un gusto da free jazz ma un solido groove alt-rock, capace di strizzare ogni possibile colore da un set tutto sommato minimale. Minimale è del resto il disco tutto, con poche aggiunte (un violino, qualche voce ospite e poco altro). Intesa perfetta, e produzione rock affidata a Guy Picciotto dei Fugazi: uno dei dischi del 2018, e siamo solo a febbraio.