Space Afrika, dark ambient da Manchester
In Honest Labour il duo Space Afrika propone una elettronica cupa, che ricorda Burial
Joshua Inyang e Joshua Reid – ovvero Space Afrika – danno seguito al mixtape “politico” dello scorso anno hybtwibt? (have you been through what i’ve been through?) con l’album Honest Labour, 19 brani che sono un peana alla città di Manchester dove i due sono nati, anche se Reid adesso vive a Berlino: tra echi di Burial, Tricky e Dean Blunt, i due espandono il raggio d’azione dell’ambient music.
Gli Space Afrika hanno cominciato a realizzare musica nel 2014, influenzati dalla techno di Berlino e Detroit – all’epoca si definivano techno enthusiast – ma nel corso degli anni la loro musica si è fatta più rarefatta, meno orientata al dancefloor e più intrisa di oscurità notturna.
Honest Labour è un album ambizioso – come del resto il nome della coppia – anche se i due si considerano un’espressione locale: «Noi siamo gli ambasciatori di Manchester, siamo una band di Manchester». Se vogliamo, gli Space Afrika appartengono a quel filone del DIY, degli autodidatti caustici che in anni passati, partendo dal punk, ha prodotto i Joy Division prima e i New Order poi, i Fall e gli Happy Mondays: «L'energia, lo humour davanti alla realtà, anche fregandosene dell’autorità; siamo artisti neri nel ventunesimo secolo».
«L'energia, lo humour davanti alla realtà, anche fregandosene dell’autorità; siamo artisti neri nel ventunesimo secolo».
Prima di immergerci in Honest Labour, sentiamo come suonavano gli Space Afrika quattro anni fa, all’epoca del loro album di debutto Somewhere decent to Live.
Ambient music dicevamo, però scura, bagnata dalla pioggia incessante di Manchester, come rappresentata dall’immagine scelta per la copertina.
«Manchester sotto la pioggia, cappucci su, notte, lampioni, pozzanghere, lame di luci ambrate e Tibyan (Mahawah Sanoh, un collaboratore) alla nostra fermata del bus. La vera bellezza» - Joshua Reid
Il video è relativo al brano d’apertura del disco e c’è già tutto: atmosfera notturna, oserei dire cinematografica, misteriosa, ipnotica e l’eco di Burial.
Un album sull’amore e sulla perdita, ambient music per il centro città, dove la vita è più caotica; chitarre che ricordano quelle presenti in alcuni dischi dell’etichetta 4AD, violoncelli – soprattutto nella conclusiva title track – voci femminili eteree, soprattutto quella di Bianca Scout nel brano “Girl Scout Cookies” che fa venire in mente quella di Elizabeth Fraser, tutto concorre alla creazione di un’atmosfera ipnotica, pur restando metropolitana.
Al centro della raccolta si posiziona “B£E” – riferimento all’ape operaia, uno dei simboli più conosciuti di Manchester – dove compare il rapper di Salford Blackhaine a ricordarci che «in città non è rimasto nessuno».
Gli Space Afrika agiscono come documentaristi, mettono insieme 19 frammenti e riescono a dare un’immagine personale ma completa. I brani scivolano l’uno dentro l’altro, c’è continuità, anche se “Indigo Grit”, “Strenght” e “Honest Labour”, oltre a quelli già citati, emergono rispetto ai restanti.
Proprio gli ultimi due – non a caso posti a conclusione del disco – conferiscono a dare un esito più luminoso al lavoro: come dicono a Napoli, «cchiù scuru di mezzanotti un po’ fari», prima o poi arriverà l’alba.
«Lo so che non sono la più bella persona del mondo…tendo molto a tenere fuori gli altri e lo faccio perché sono stata molto ferita. Ma so che la mia vita ha uno scopo e che Dio ha un piano per la mia vita...tanta gente cerca e cerca di trovare il proprio vero scopo, e la verità della questione è che troverai il tuo vero scopo quando parlerai dal tuo cuore» - “Preparing the Perfect Response”