Sofia Kourtesis, ballare di argomenti seri

Madres è il primo album della produttrice peruviana a Berlino, ed è il disco dance dell'anno

Sofia Kourtesis
Disco
pop
Sofia Kourtesis
Madres
Ninja Tune
2023

Al culmine di un’attività ultradecennale, giunge all’appuntamento con il primo album Sofia Kourtesis: 38enne DJ e produttrice di origine peruviana residente a Berlino. A un ascolto distratto, Madres suona come un gradevole e vivace esercizio dance, tutt’al più insaporito da alcune gustose spezie esotiche, quando in realtà i moventi che lo animano sono complessi.

Era stato così già con il brano grazie al quale Kourtesis – nel 2021 – aveva ottenuto visibilità, “La Perla”, incluso nell’Ep Fresia Magdalena: un raffinato e avvincente numero di house minimalista nelle cui pieghe scorreva la malinconia suscitata dalla scomparsa del padre.

Dopo di che sembrava dovesse toccare alla madre, gravemente malata e considerata inoperabile dai medici: non accettando il verdetto, la figlia si è appellata tramite Instagram al quotato neurochirurgo Peter Vajkoczy, offrendogli in cambio la sua musica. La terza traccia del disco è intestata perciò al cognome del luminare bavarese, che oltre ad accettare l’incarico (e salvare la paziente) si è lasciato coinvolgere tanto da seguire la richiedente nottetempo al Berghain, fulcro del clubbing nella capitale tedesca: «Gli è piaciuto davvero e abbiamo legato alla grande», ha raccontato lei a “The Guardian”. Il punto è: «Come possono argomenti seri, tipo la famiglia, la morte e il dolore, essere indirizzati a una pista da ballo?», si domandava l’interessata in una conversazione con “Dj Mag”.

«Come possono argomenti seri, tipo la famiglia, la morte e il dolore, essere indirizzati a una pista da ballo?»

La risposta si trova in questa decina di tracce, quasi un trattato sul potere taumaturgico della seconda arte: “How Music Makes You Feel Better”, per citarne una delle più riuscite.

E c’è poi il fattore geografico. Se n’era andata dal Perù appena 17enne, segnata dal bullismo subito a causa dell’indeterminatezza sessuale, senza tuttavia recidere i legami emotivi e culturali con le proprie radici: «La Germania è il mio motore, ma il mio cuore è decisamente latinoamericano», dice presentando sé stessa.

Attitudine confermata dalla prevalenza nei testi della lingua spagnola: ecco ad esempio “Estación Esperanza”, con gli echi di una manifestazione contro l’omofobia captati a Lima associati all’inconfondibile “¿Que hora son mi corazón ?” pronunciato in “Me Gustas Tu” dal consenziente Manu Chao.

Più pertinente ancora è in chiusura “El Carmen”, dal nome di un distretto della provincia di Chincha dove si perpetua da generazioni la tradizione afroperuviana, incarnata qui da ance euforiche e percussioni ancestrali messe in corto circuito con le cadenze della contemporaneità.

Al capo opposto della mappa mentale sta Berlino, cui rende omaggio “Funkhaus”: ipnotica apologia technoide degli edifici che ospitavano la radio di stato all’epoca della DDR, a riunificazione avvenuta riconvertiti in sale da concerto e registrazione.

Nell’arco di tre quarti d’ora abbondanti il ritmo è pressoché incessante, eccezion fatta per “Moving Houses”, epitaffio di una storia d’amore recitato fra glitch e lamenti ambient: “Andarmene da casa tua non è la fine, è felicità e amarezza, come posso spiegare questa sensazione? Come posso immaginarmi di nuovo sola?”. Al contrario, su incalzante palpitazione house esprime il fervore della seduzione “Si Te Portas Bonito”: “Penso ai tuoi sguardi, toccando il mio corpo, andrà tutto bene se sarai gentile”.

Cosicché Madres è come minimo il migliore album dance dell’anno.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

pop

L'album di famiglia di Laura Marling

Il nuovo disco della cantautrice inglese Laura Marling nasce dall’esperienza della maternità

Alberto Campo
pop

Godspeed You! Black Emperor: un requiem per Gaza

Il nuovo lavoro della band canadese è ispirato al dramma del popolo palestinese

Alberto Campo
pop

L’anarchia sorridente di The Smile

Secondo album dell’anno per il trio di Thom Yorke e Jonny Greenwood, Cutouts è un inno alla libertà espressiva

Alberto Campo