Run The Jewels, l'hip hop ai tempi di George Floyd
Nel quarto album dei Run The Jewels l’hip hop “vecchia scuola” parla il linguaggio dell’attualità
A un certo punto, durante “Walking in the Snow”, nel nuovo disco dei Run The Jewels, una voce dice: “Non riesco a respirare”. Sono le ultime parole pronunciate da George Floyd prima di morire soffocato, ma anche – nel luglio 2014 – da Eric Garner, ucciso nello stesso modo da un poliziotto a New York. Riferendosi al passato, parla del presente.
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È uno dei pezzi forti nel quarto album realizzato dal duo composto dal produttore bianco Jaime Meline, in arte El-P, già nei ranghi del trio newyorkese Company Flow e fondatore dell’etichetta discografica Definitive Jux, e dal rapper nero della Georgia Michael Render, alias Killer Mike, autore per Netflix della serie di documentari sulla comunità afroamericana Trigger Warning e acceso sostenitore di Bernie Sanders.
Un’alchimia artistica dal potenziale elevatissimo, nella quale l’inclinazione “avant-garde” dell’uno si combina con la rudezza verbale dell’altro, generando hip hop che ha portamento da “vecchia scuola” hardcore (diciamo fra Public Enemy ed EPMD, stelle polari indicate espressamente dai due) senza ritirarsi affatto nelle retrovie della nostalgia.
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Anzi, sta proprio nell’attualità scottante degli argomenti la forza d’urto dei Run The Jewels, il cui lavoro precedente, edito a fine 2016, riecheggiava il combattivo malumore per la vittoria elettorale di Donald Trump: “Noi gladiatori che si oppongono a tutti i Cesari”, proclamavano in “Message to the Shareholders”. Spiegando di recente a “Entertainment Weekly” la natura di tale attitudine, El-P ha affermato: «Cerchiamo di catturare un momento o una sensazione». Perciò quando si è capito che il disco nuovo sarebbe uscito nel bel mezzo della pandemia, impedendo di promuoverlo come previsto in tour insieme ai Rage Against The Machine, invece di posticiparlo il duo l’ha pubblicato addirittura con un paio di giorni d’anticipo, al solito in modalità “paga quanto vuoi” nel formato digitale. «Il mondo è infestato da cazzate e allora ecco qualcosa di grezzo da ascoltare mentre avete a che farci. Speriamo che vi dia un po’ di gioia», recita la dichiarazione preliminare.
«Il mondo è infestato da cazzate e allora ecco qualcosa di grezzo da ascoltare mentre avete a che farci. Speriamo che vi dia un po’ di gioia».
Di sicuro dispensa energia in dosi massicce fin dall’iniziale “Yankee and the Brave (Ep 4)”, che scorre ruvido su un groove di potenza impressionante.
E subito dopo arriva “Oh La La”, beffarda filastrocca snocciolata su un lugubre loop di pianoforte dove fanno capolino i veterani Dj Premier e Greg Nice.
Si tratta dei primi ospiti in una platea nella quale spicca la strana coppia costituita dall’antagonista Zack de la Rocha (speaker dei citati Rage Against The Machine, già al fianco dei “gioielli” in passato) e dalla vedette pop Pharrell Williams nell’invettiva anticapitalista “Ju$t”, mentre in “Pulling the Pin” sono implicati il rockettaro Josh Homme (Queens Of The Stone Age) e la diva soul Mavis Staples. È tuttavia in “The Ground Below” che l’opera raggiunge l’apice: basato su un campionamento di “Ether” dei Gang Of Four, il brano procede con cadenza marziale e conclude così: “Vi abbiamo fornito ispirazione gratuitamente, il denaro non significa mai molto”.
Ammirevoli, insomma. E musicalmente pieni d’inventiva, come dimostra in chiusura “A Few Words for the Firing Squad (Radiation)” con un epico crescendo screziato da un sassofono che sa di jazz, sdrammatizzato però dall’ironia di una bizzarra appendice di stampo vaudeville.