Raffaello Simeoni, un Orfeo dalla Sabina
Orfeo incantastorie di Raffaello Simeoni, un doppio album emozionante tra il centro Italia e il mondo
Ci sono musicisti che non conoscono tentennamenti di ispirazione, né di vitalità. Come Raffaello Simeoni – che con questo disco, Orfeo incantastorie, si è aggiudicato il Premio Loano come miglior album del 2018. Per questi fortunati l’energia interiore che sa diventare parola e musica legata a doppio filo al patrimonio tradizionale è debordante, e può essere di consolazione in questi tempi un po’ amari in cui ha visibilità solo chi si suppone sappia “bucare” la cappa di noia degli schermi grandi e piccoli, per finire poi in altra noia, cinque minuti dopo.
Premio Loano 2019, ecco i vincitori
Chi invece si metterà in ascolto di questo notevole e densissimo Orfeo Incantastorie (un titolo che da solo vale mille spiegazioni) intraprenderà un viaggio lungo e sorprendente dipanato sulla lunghezza corposa di due cd, e di noia non ne conoscerà neppure una briciola di minuto.
Nel libretto interno lo stesso Simeoni, che da una vita porta avanti la ricerca sulla tradizione popolare sabina, rielaborandola in mille direzioni diverse, come in un caleidoscopio che scompone e ricompone geometrie sempre diverse e radicate nella luce, così si racconta: «Ogni giorno cerco una luce, un’ombra e intreccio queste mie mani erranti prendendo dal mondo colori e melodie, li accosto fra loro, mescolo e compongo le tinte che si trasformano in storie, suoni e canti, ma anche rocce, alberi e animali fantastici».
«Ogni giorno cerco una luce, un’ombra e intreccio queste mie mani erranti prendendo dal mondo colori e melodie, li accosto fra loro, mescolo e compongo le tinte che si trasformano in storie, suoni e canti, ma anche rocce, alberi e animali fantastici».
Così sono nate queste storie intrise di quella umbratile e al contempo radiosa consistenza che hanno i luoghi francescani dell’Italia centrale, la sua terra. Incontri, stupori, emozioni che possono anche spiazzare e lasciare con un senso di vertigine: come succede in "Calexico", che traccia un ponte immaginario di suoni, parole e lingue tra l’Italia dei boschi e i deserti arroventati tra Messico e Stati Uniti.
Il fondatore dei Novalia e collaboratore dell’Orchestra Popolare Italiana di Ambrogio Sparagna sembra dar fondo, qui, anche a tutte le sue notevoli competenze strumentali: certo, c’è quella voce potente che sa d’antico, di pietra e di muschio, a solido fondamento a queste storie profumate, ma c’è anche la parata dei suoi flauti, moderni e tradizionali, le sue corde arabe, la ghironda, le ciaramelle, e un parterre di amici di questi suoni impregnati di terra che vanno citati almeno per sommi capi: Arnaldo Vacca, Efrén Lopez, Goffredo Degli Esposti, Paolo Modugno...
Quasi impossibile segnalare un brano sull’altro, in questo pellegrinaggio laico in ventuno stazioni di suono, e con una veste grafica onirica opera dello stesso Simeoni: meglio abbandonarsi al tutto, sperando, come dice un suo bel titolo, di farsi prendere da una “Ninfa Mantra”.