Quintetto Nigra, una cantada dal Piemonte
Il ritorno della polifonia piemontese del Quintetto Nigra, tra l'opera e "Bella Ciao"
Da diversi anni mancavano segnali discografici nuovi dal Quintetto Nigra, il gruppo piemontese specializzato in raffinate polifonie che prende il nome da Costantino Nigra, il canavesano diplomatico e statista risorgimentale, capo di Gabinetto di Cavour che tutti gli appassionati di musica tradizionale italiana, in ogni sua diramazione, associano quasi automaticamente una fondamentale raccolta di canti raccolti in volume, e salvati dunque dalla scomparsa.
Non che l’assenza dai negozi e dalle piattaforme digitali abbia significato per il Quintetto Nigra uguale latitanza dalle occasioni concertistiche: queste ultime, invece, si sono invece moltiplicate. E ora sbocciano in un’altra preziosa raccolta che, al solito, tratta il materiale d’origine dei canti con l’attitudine che chi conosce il Quintetto immediatamente riconosce: un bel misto tra scrupolo filologico ed eclettismo spinto. Bel modo, dunque, unitamente alla maestria nel canto polifonico, per tenere viva musica che hanno oggettive difficoltà a sopravvivere nella conoscenza.
Segnaliamo innanzitutto che qui, in Cantada (il titolo arriva da un bell’omaggio di parole tributato al gruppo dal poeta dialettale piemontese Carlin Porta) le voci di Maria Teresa Nesci, Maria Adelaide Negrin, Giulia Marasso, Devis Longo e Lorenzo Cescotti cantano in francese, francese delle valli valdesi e occitane, piemontese delle Valli di Trino, di Alessandria, delle Langhe, lombardo milanese, occitano. L’elenco non è occasione di pignoleria: serve per far immediatamente apprezzare un ventaglio di soluzioni foniche che, all’orecchio, costruiscono un arazzo sonoro policromo e decisamente affascinante.
Segnaliamo poi, in un disco che tocca molto spesso punte d’eccellenza, il "Tris di maggi", in cui vengono messi a confronto tre diverse versioni di canti del maggio, e l’ottima idea di accostare la "Bella Ciao" delle mondine a quella diventata canto dei partigiani. In "La magna Danda", l’incastro polifonico prevede, per una storia paradossale, iperbolica ed assai allegra, inserti e citazioni da Traviata, Rigoletto e Barbiere di Siviglia, "Ca da rat", invece, offre il destro per volgere il valzerino originale di Francesco Saettone in filante swing d’antan. Tra i brani, frequenti inserti parlati a complemento che chi mastica un po’ di piemontese apprezzerà più compiutamente.