The Pop Group in dub
Lavorare sulla perfezione: The Pop Group, Dennis Bovell e la versione dub di Y
Del disco d’esordio del Pop Group abbiamo già scritto due anni fa in occasione del quarantesimo anniversario della sua pubblicazione, avvenuta il 20 aprile 1979.
– Leggi anche: The Pop Group, 40 anni al di là del bene e del male
Disco fondamentale per la nascita e lo sviluppo del post-punk, vede come produttore un ventiseienne originario di Barbados, tal Dennis Bovell, all’epoca conosciuto come membro fondatore dei Matumbi, uno dei primi gruppi reggae britannici, e della Dub Band, il gruppo di supporto ai testi di Linton Kwesi Johnson, che proprio nel 1979 pubblica Forces of Victory.
E non finisce qui: il 7 settembre esce Cut delle Slits, sempre con Bovell a manovrare i cursori del mixer. E ora, 42 anni dopo, ecco che Bovell entra nella echo chamber coi nastri di Y per sottoporli a un trattamento di echi, delay, frammentazioni e destrutturazioni di varia natura, per uscirne con Y in Dub. Come again, selectah, this is a different version!
È piuttosto curioso che Dennis Bovell, uno che ha dedicato la propria carriera artistica al reggae e al dub, abbia raggiunto i propri vertici come produttore lavorando con artisti bianchi come le già citate Slits, i Madness, i Thompson Twins, le Bananarama, gli Orange Juice, i Maximum Joy e, ovviamente, The Pop Group.
La sua carriera di produttore a tempo pieno comincia a metà degli anni Settanta, dopo aver abbandonato il ruolo di DJ per Sufferer, uno dei più importanti soundsystem della scena londinese alla fine degli anni Sessanta e all’inizio dei Settanta: come sottolineato da Lloyd Bradley nel suo libro Bass Culture: When Reggae Was King, «Sufferer era il soundsystem contro cui tutti gli altri dovevano misurarsi».
La collaborazione con The Pop Group comincia col 7” “She is Beyond Good and Evil / 3.38”: arrabbiato, ruvido, scontroso, scomodo, The Pop Group è un gruppo post-punk anomalo, con attitudine agit-prop e la passione per Funkadelic, Miles Davis e il dub.
L’incontro con Bovell, che proseguirà con Y, è assolutamente brillante: un basso disco pompatissimo, percussioni che vivono in un echo space a parte, la chitarra – quella chitarra – e la voce di Mark Stewart a ricordarci che per la sua ragazza i valori occidentali non significano nulla perché lei è al di là del bene e del male. E il retro, se possibile, è ancora più bizzarro.
Dopo aver celebrato nel 2019 i 40 anni di Y con la sua ristampa in un lussuoso cofanetto, The Pop Group “arruola” Bovell per reinterpretarlo, dopo la sua straordinaria apparizione nello stesso anno nel negozio Rough Trade East a Londra per l’evento Salon Y, durante il quale Bovell esegue versioni live di “She is Beyond Good and Evil” e “3.38”, basate sui principi decostruttivi del dub. Con Y In Dub Bovell riprende ufficialmente il suo ruolo at the controls.
«Per me il dub è la musica dell’opportunità. Il sogno di un adolescente alla fine diventato realtà, questo è per gli esploratori» – Mark Stewart a proposito di Y in Dub
Rispecchiando la scaletta dell’album del 1979, Y in Dub è composto dai nove brani originari con l’aggiunta di “She is Beyond Good and Evil” in doppia versione – a tutti gli effetti una version di una version – e “3.38”, che nella nuova versione dura 4.44 e azzera totalmente la voce di Stewart.
The Pop Group e Dennis Bovell hanno presentato il disco in anteprima mondiale il 31 luglio all’interno del festival Terry Hall presents Home Sessions for Coventry UK City of Culture 2021.
Quando hai lavorato a quello che per molti è un capolavoro, un disco che rispecchia fedelmente un periodo di grande libertà espressiva come reazione a un clima politico e sociale che ha portato all’affermazione del thatcherismo, risulta difficile metterci nuovamente mano, il rischio di combinare un disastro è presente.
Tranquilli, Bovell fa un lavoro eccellente, gli strumenti sono perfettamente separati e l’ascoltatore è avvolto dai suoni, come se fosse seduto in poltrona al centro di una stanza, ed ecco allora i velocissimi schemi della batteria di “Snowgirl” e il celebre riff chitarristico di “We Are Time” che gioca a nascondino, compare per poi scomparire nuovamente. Lo stesso dicasi per la voce di Stewart, uno dei punti di forza del gruppo, qui esaltata, risultando ancora più presente malgrado i trattamenti a cui Bovell la sottopone.
Come ha scritto Simon Tucker su Louder Than War, «la più grande sorpresa di Y In Dub è che vi sorprende. Potreste pensare che ascoltare l’originale per la prima volta non possa essere eguagliato ma con la sua rielaborazione Bovell è riuscito a rendere un album meravigliosamente strano e singolare ancora più strano e singolare».
I demoni si sono risvegliati, il Thief of Fire e i Boys from Brazil sono tornati, le parole sono le stesse, continuano a disobbedirci, ma il linguaggio è cambiato: ottimo lavoro, Mr. Dennis ”Blackbeard” Bovell, Member of (the Order of) the British Empire.
«Ti prego, non vendere i tuoi sogni, non vivere nel sogno di qualcun altro» - Don’t Sell Your Dreams