Perfume Genius fra danza e videoarte

In Ugly Season lo statunitense Mike Hadreas indirizza il proprio estro queer verso l’avanguardia

perfume genius Ugly Season
Foto di Camille Vivier
Disco
pop
Perfume Genius
Ugly Season
Matador
2022

Approssimandosi alla soglia dei 40 anni, lo statunitense Mike Hadreas – rinominatosi Perfume Genius nel 2008, da esordiente su MySpace, traendo spunto dal film appena ricavato dal celebre romanzo di Patrick Süskind Il profumo – ha scelto d’imprimere una svolta al proprio cammino artistico, culminato nella seducente grandeur di Set My Heart on Fire Immediately.

Quando uscì quell’album, nel maggio 2020, l’autore era indaffarato già altrove; il 4 ottobre 2019 aveva debuttato al Moore Theatre di Seattle lo spettacolo di danza The Sun Still Burns Here, architettato dalla coreografa Kate Wallich basandosi su musiche scritte appositamente da lui, nell’occasione impegnato altresì nella veste insolita di ballerino.

A un paio dei brani composti e registrati allora venne demandato il compito di catalizzare l’attenzione sull’allestimento: primo in ordine cronologico, l’enigmatico “Eye in the Wall”, che dopo il preambolo in voce (“Occhio nel muro, modello per me, specchio sul soffitto, corpo in luce tremolante, sputa su un guanto, mostramelo, candeggina su una bacca, miele la lacrima nel tuo occhio”) sboccia in un groove dall’inopinata impronta afrolatina.

A seguire, arrivò quindi la tautologica “Pop Song”, più affine a quanto prodotto nel passato dal Genio del Profumo: falsetto vulnerabile, elegante arredo sonoro, moderata verve ritmica, atmosfera screziata di spleen. Un gioiellino.

Ritroviamo ora le due canzoni nel disco in cui quell’esperienza si è diramata, sviluppando e perfezionando il materiale impiegato a teatro.

Ugly Season – dicevamo – si differenzia in maniera sensibile dai lavori precedenti di Perfume Genius: la narrazione è più asciutta, di poche parole, risucchiate sovente nel gorgo degli arrangiamenti, mentre al contrario si amplia in misura rilevante il vocabolario stilistico. L’episodio che dà titolo alla raccolta, ad esempio, procede claudicante a ritmo di reggae, a dispetto di un’evocazione melò a tinte forti (“Mi allontano da Dio, impregnato di putridume, denso come vaselina, sporco e infognato, mi allontano dall’amore, mi allontano dal conforto”).

All’opposto, “Photograph” e “Hellbent” imprigionano il pathos lirico tra sfumature atonali e brutalità rumoriste degne dell’ultimo Scott Walker. Si tratta dunque di un’opera dall’identità elusiva, introducendo la quale Hadreas mormora programmaticamente nell’iniziale “Just a Room”: “Nessuno schema, nessuna fioritura, dove ti sto portando, piatto e statico, solo una stanza”. Ecco poi “Herem”, che prende nome da un vocabolo dell’Antico Testamento equivalente ad “anatema” e scorre in un’ambientazione cameristica di archi e fiati da cui affiora un mesto harmonium ad assecondare l’esile intonazione usata dal protagonista per pronunciare nomi greci (Danis, Cosmas, Thalis, Lambros, Floros, Frixos), in omaggio al luogo di origine del padre.

Il trittico d’apertura è completato da “Teeth”: madrigale minimalista sorretto da una trama di glockenspiel e articolato in suggestioni da natura morta (“Una ciotola di limoni, la mia seta e le mie stoffe pregiate, una ghirlanda appassita, un teschio su un piatto”). Un percorso zigzagante, insomma, completato e riassunto dal cortometraggio Pygmalion’s Ugly Season, firmato dal quotato videoartista Jacolby Satterwhite, che restituisce attraverso le immagini il movente queer dell’azione creativa di Perfume Genius.

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