Patrizio Trampetti, eterno scugnizzo

'O Sud è fesso è il nuovo disco di Patrizio Trampetti, sulla scia della Napoli anni Settanta

Patrizio Trampetti O sud è fesso
Disco
world
Patrizio Trampetti
'O Sud (è fesso)
Finisterre
2021

«Cantare per me non è un esercizio di stile, la voce non la devi sentire dal di fuori ma dentro di te. Non importa se è un soffio o un fastidioso fragore come un martello che batte sull'incudine. Soltanto così puoi trasmettere un’emozione a chi ti ascolta».

La voce per Patrizio Trampetti è stata, nell'ultimo cinquantennio, sussurro e grida, soffio e martello. Così già funzionavano le cose ai tempi gloriosi della prima Nuova Compagnia di Canto Popolare, dove ogni aggettivo scelto per il nome di quel gruppo, che aprì una breccia vitale di possibilità al folk revival del nostro meridione, aveva un peso specifico molto alto. Così fu con le oltre quattrocento repliche de La Gatta Cenerentola, esempio sommo di come si possa inscenare un  teatro musicale popolare e coltissimo assieme, provocatorio e incantante, con una  calviniana e solidissima leggerezza a permearne le strutture rotonde e piacevolmente eccessive.

Patrizio Trampetti ha scritto, prodotto, lavorato tanto, nella sua vita. Sua è anche "Un giorno credi”, forse la più bella ballad mai uscita dalla gola di Eugenio Bennato. È un bella botta di tenerezza che per questo disco del ritorno da “cantautore”, titolo decisamente provocatorio, ‘O Sud è fesso, il grande partenopeo abbia scelto di mettere in copertina la sua immagine di mezzo secolo fa, un ragazzo sfrontato e guascone che ti guarda dritto negli occhi, la bocca semiaperta in una smorfia amara, berretto in testa, giubbotto, maglietta e catenina. Quanti ragazzi così si incontravano, negli anni Settanta spietati e iper reattivi della Napoli di quel decennio?

Oggi Patrizio Trampetti è un bel signore coi capelli grigi. Le mani, in una foto del disco, si muovono sicure sui cursori di un mixer. Ma questo disco, dieci brani che resteranno, usciti anche in edicola assieme al "Corriere del Mezzogiorno" e ora pubblicato da Finisterre, ci restituisce la storia infinita di quel ragazzo lì, quello che saliva sui palcoscenici a cantare le villanelle di qualche secolo prima con la stessa guizzante sicumera con cui si dava la pedata alla pedivella di una vespa truccata nei vicoli.

C’è un gran concorso di belle forze ed energie pulite attorno a Patrizio Trampetti, a partire dal coautore di queste storie urgenti e scomode, poetiche e qualche volta strazianti, Jennà Romano, il leader dei Letti Sfatti: è successo che Jennà e patrizio avevano rimesso mano alle Lettere dei Condannati a morte della Resistenza, e che era nata l'idea di far leggere un testo a Sandro Ruotolo, cronista da prima linea.

Attorno a quel brano s’è addensato tutto il gran corpo delle altre canzoni. È arrivato Ambrogio Sparagna con il suo organetto diatonico nell'"Ora d’a controra", è arrivata l'imperiosa Fausta Vetere della NCCP per stilettare un gran pugnalata dalla sua voce grande e amara in "Ammore", sono comparse le voci mature degli attori Gianfelice Imparato e Angelica ippolito in "Villaggio Vomero".

E poi c’è un ragazzo, uno degli ospiti della struttura di riabilitazione mentale gestita dalla cooperativa Spartaco di Santa Maria Caupa Vetere che ci ha messo una poesia struggente, "O’ mare", un brano che potrebbe stare accanto a quanto scrisse in tema un altro signore napoletano, Pino Daniele.

Si sarà compreso, questo è un disco che si prende in blocco, con i suo sax arroventati e il sentore liquido delle note vintage del piano Fender, le chitarre classiche e le ritmiche morbide. Su tutto la voce del vecchio scugnizzo della NCCP che accarezza e sferza. Un “soffio e un fragore”, come dice lui. Necessari.

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