Paradox, il Neil Young che non ti aspetti

Una colonna sonora, uscita in sordina, restituisce il miglior Neil Young degli ultimi anni

Neil Young, Paradox
Disco
pop
Neil Young + Promise of the Real
Paradox (OST)
Shakey Pictures 
2018

Da quando Neil Young ha aperto il caveau dei suoi tesori (se non lo avete ancora fatto, andate a leggervi questo articolo in cui vi raccontiamo il meglio dei Neil Young Archives, vera biblioteca di Babele del cantautore canadese), i fan sono pronti a tutto. 

Fra le novità più attese di questi tempi c’era senz’altro Roxy: Tonight’s the Night Live, uscito in aprile e registrato dal vivo il 20, 21, e 22 settembre 1973 al Roxy Theatre di Los Angeles, poco dopo la fine delle session di Tonight’s the Night e con i musicisti di quell’album epocale (Ben Keith alla slide e pedal steel, Nils Lofgren a piano e chitarra, Billy Talbot al basso e Ralph Molina alla batteria). Ok, bel live, niente da dire: i fan di Neil Young lo ameranno – di certo, niente di particolarmente spiazzante.

E invece, il vecchio Neil sa ancora piazzare colpi a sorpresa dove meno te lo aspetti: pubblicato senza particolare battage pubblicitario, Paradox esce a nome Neil Young + Promise of the Real, giovane band – capitanata da Lukas Nelson, figlio del più noto Willie – che dal 2015 affianca Young in alcuni progetti su disco e dal vivo (spesso non memorabili: vedi The Monsanto Years). Sulla carta niente di particolarmente esaltante: si tratta di una colonna sonora, per il film omonimo, firmato da Daryl Hannah (attuale compagna di Young) e distribuito da Netflix, e in cui lo stesso Young ha una parte (nel promettente ruolo di “The Man in the Black Hat”, l'uomo col cappello nero).

Che cosa contiene, questo Paradox? Versioni scorciate di classici del passato, pezzi strumentali ora country&western ora gonfi di quei chitarroni di un tempo (“Hey”, con un suono tra il classico Crazy Horse e lo Young periodo LeNoise– disco sottovalutatissimo), una versione pazzesca di “Pocahontas”, un pezzo con l’ukulele (la minore “Tumbleweed”, che diventa qui un piccolo capolavoro), una jam da 10 minuti sul giro di “Cowgirl in the Sand” che strappa ovazioni anche nel privato della propria cameretta.

Sconclusionato come può esserlo un disco nato come colonna sonora, e in gran parte frutto di jam in studio, Paradox è però – paradossalmente – molto più sensato di diversi dischi recenti di Neil Young, una perla che si fa ascoltare (quasi) come un vero album. Tanto di cappello (nero).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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