Officina Zoè, incontri in Salento

Un doppio live prezioso, tra la pizzica e le musiche del mondo per l'Officina Zoè e i suoi molti ospiti

Officina Zoe
Officina Zoè
Disco
world
Officina Zoè
Incontri Live
Kurumuny
2018

«Se continuiamo a permettere che vengano erose le nostre fonti culturali, presto non ci sarò niente da visitare e nessun posto che possiamo definire casa». La frase, in posizione centrale nella confezione del cd di Officina Zoé, è di Alan Lomax, il gran padre dell’etnologia musicale.

È un’affermazione di molti decenni fa, e nel frattempo l'“erosione delle fonti culturali” ha preso il passo di marcia: una marcia militare, non un allegro cakewalk come si ballava a New Orleans quando ancora il jazz non aveva conosciuto il suo primo disco. Esistono tante piccole resistenze culturali, non più un continuum di territori che, per osmosi, si scambiano attitudini e pratiche musicali, stendendo alla fine un tappeto di note sui Continenti. Ci sono grandi praterie di vuoto, e isole piene di cose salvate e rielaborate. Tanto più paradossale, quanto più l’oggi è dominato da una fretta svogliata e bulimica di avere tutto e subito, con un click su una tastiera, e per pochi secondi che fanno illudere di aver deciso davvero qualcosa.

Però è anche vero, uscendo da queste considerazioni un pò moralistiche, che chi opera e resiste, anche ora che le sorti della world music sembrano un po’ appannate, contribuisce a rinsaldare parecchie lacerazioni. Riunendo e rammendando, magari sfidando chi irride snobisticamente certe “contaminazioni” come si diceva un tempo, che invece sono pratiche virtuose dell’incontro. Qui situeremmo il singolare percorso d’incontri dell’Officina Zoé, maestri per nulla retrivi del Salento della pizzica tarantata.

In questo doppio cd – Incontri Live – troverete dodici lunghe tracce, registrate nel Salento, una ad Aosta, e una in un’incandescente jam session egiziana. Accanto alla solida band con percussioni a cornice, corde, organetto, e voci dirompenti, sul palco ci sono i maliani Baba Sissoko e Mamani Keita, i mongoli Hosoo & Transmongolia, gli indigeni Sami della Lapponia con la vocina magica di Mari Boine, l’Istanbul moderna e atavica assieme di Mercan Dede & Secrete Tribe. E ancora l’Egitto dei Mahazer, Kandi Guira dal Burkina Faso, Don Moye che ci rammenta l’odore forte dell’afrobeat.

Tutto riuscito? Non tutto. E sta qui il bello. A volte il confronto si avvia a fatica, a volte la musica gira vorticosa. A volte la registrazione sfocata non ha colto tutto, e si vorrebbero particolari più luminosi, più taglienti. Ma tant’è. C’è polvere e sole e inciampo casuale, in questo che loro definiscono un “omaggio alle musiche di Madre Terra”. Ed è tanto, e tanto basta.

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