Nihiloxica, i marabù di Kampala
Kaloli è disco d’esordio della combo anglo-ugandese Nihiloxica: synth, trance e poliritmie con la benedizione di Aphex Twin
Sviluppato sotto l’egida dell’attivissima etichetta sperimentale Nyege Nyege di Kampala, il progetto Nihiloxica nasce dall’incontro tra membri del Nilotika Cultural Ensemble – un gruppo di percussionisti tradizionali ugandesi – e Spooky-J e PQ, due giovani di Leeds posseduti dai ritmi tecnoidi generati dai loro synth analogici. Dopo i due EP che hanno avuto il merito di far accendere i riflettori su di loro, i Nihiloxica hanno avuto l’occasione di esibirsi al WOS Festival di Santiago di Compostela, alle Nuits Sonores di Lione e soprattutto al Printworks di Londra con il compito, insieme alla nostra Caterina Barbieri, di aprire per Aphex Twin, innamoratosi delle sonorità e dell’energia del gruppo.
«Siamo andati in Inghilterra per inscatolare otto brani in un disco e siamo tornati a casa con un’opera caratterizzata da una grande produzione. Kaloli ha davvero un grande suono!»
Kaloli, distribuito dall’etichetta belga Crammed Discs, è stato preceduto dal singolo “Tewali Sukali”, brano che riassume il mix che concorre a formare il suono del gruppo: djembe – tamburi a calice originario dell’Africa occidentale – apparentemente istintivi, trance e ritmi da clubbing.
«Il marabù, Kaloli nella lingua Luganda, è l’animale feticcio del gruppo. Onnipresenti a Kampala, questi spazzini si nutrono dell’esubero della città, proprio come i Nihiloxica. Siamo marabù che rovistano tra i cumuli di ritmi per far emergere il nostro suono. La nostra musica è composita, è il frutto di una mescolanza».
Registrato agli Hohm Studios subito dopo il concerto d’apertura per il set di Aphex Twin, Kaloli riesce a catturare l’energia inarrestabile delle esibizioni live del gruppo e a ingigantirla con la produzione di PQ. Il risultato sfocia nel misticismo, un viaggio in un territorio inesplorato a cavallo tra due modi di intendere la dance music, dove la musica tradizionale muta in qualcosa di sinistro e inquietante. Siamo di fronte a un assalto poliritmico a tratti dissonante che riesce comunque ad ammantarsi di bellezza trascendentale.
Nel disco sono inclusi anche tre frammenti di sessioni di prova tenutesi a Jinja, dove l’etichetta Nyege Nyege tiene un festival, diventato nel tempo un appuntamento imperdibile per gli amanti di sonorità “altre”.
Inutile scendere nel dettaglio dei singoli brani: il viaggio non prevede tappe intermedie. È un’esperienza angosciosa, ipnotica, che scuote il dancefloor e fa muovere il corpo.