Nick Hakim, solo una terapia

Tra R’n’B e neo-soul, What Will Be Good To Me conferma il talento di Nick Hakim

Nick Hakim
Disco
pop
Nick Hakim
What Will Be Good To Me
ATO
2020

Nel 2017 Green Twins accese i riflettori su Nick Hakim: 12 canzoni che misero tutti d’accordo, un esordio davvero considerevole, e poi il silenzio fino a marzo di quest’anno, quando il musicista residente a Brooklyn ha annunciato l’uscita del nuovo album What Will Be Good To Me, disponibile dal 15 maggio.

«Per un po’ non sono riuscito a scrivere. Ho lavorato su nuova musica senza trovare le parole giuste. In definitiva quel periodo si è rivelato la base per i tre mesi di espressione che hanno portato alla realizzazione dell’album, Spero che questa musica aumenti la consapevolezza su dove siamo in questo momento, su come stiamo vivendo su questo pianeta, su come trattiamo i nostri vicini, sulla comunità, sulla depressione, su cosa può guarirci e su cosa no, sull’eccesso di farmaci e stimoli, sulla manipolazione, sul rispetto e l’amore per le persone intorno a noi, perché un giorno non saranno qui o tu non ci sarai».

Questa dichiarazione ci aiuta a capire il titolo dell’album, “questo mi farà bene” (senza punto interrogativo per lasciare libertà di interpretazione), evidentemente la ricerca del benessere fisico e spirituale in un periodo di confusione e messaggi contrastanti.

E allora avventuriamoci all’interno di queste 12 nuove canzoni, tra luci intense e tristezza tumultuosa, con il filo rosso della voce espressiva e piena di sentimento di Hakim che le attraversa.

“Qadir” è la canzone che ha avuto il compito di precedere l’album, l’introduzione calzante al nuovo corso sonoro di Hakim, sette minuti e mezzo dedicati a un amico scomparso nonché invito a prendersi cura delle persone care, volutamente ripetitivi e ipnotici come una trance. La sua bellezza contribuisce a portare limpidezza dopo l’atmosfera nebbiosa dei brani iniziali dell’album.

“Bouncing” è la cronaca di una lotta contro l’ansia notturna, con archi disperati e la voce di Hakim che parla alla parte oscura della nostra anima. Una progressione ripetitiva di accordi con improvvisi cambi di arrangiamento e di struttura melodica e la parte finale che diventa un lamento emozionante.

“Vincent Tyler” è ispirata a un fatto di cronaca accaduto nel 2007 a Washington D.C., città natale di Hakim, l’uccisione per l’appunto di Vincent Tyler, occasione per una riflessione sulla capacità umana di uccidere e su cosa si prova quando la si vede in azione.

Gli elementi R’n’B e neo-soul tipici del suono di Hakim sono ben presenti ma risultano come annegati in un’atmosfera astratta e sconosciuta. La depressione contro cui l’artista ha dovuto combattere ridefinisce il perimetro di un genere che il ventinovenne artista ha contribuito a creare.

Le atmosfere romantiche del primo album ricompaiono nei due brani finali: “Seeing Double” vaga tra le difficoltà del volersi bene mentre “Whoo”, ultima canzone a essere stata composta, emana apprezzamento per una relazione sentimentale finalmente appagante, con l’affermazione ripetuta più volte “I stopped abusing myself around you”. Due episodi che portano un po’ di sollievo dopo i temi più oscuri dei brani precedenti.

WWBGTM è un album ricco, coi suoi riferimenti ai Funkadelic dei primi dischi, a D’Angelo, a Shuggie Otis, che richiede ascolti ripetuti per svelarsi completamente, è un viaggio all’interno del mondo di Hakim e degli amici che lo popolano – nel brano “Crumpy” compare Mac Demarco –, un lavoro che, anche se concepito prima dello scoppio della pandemia, cerca con perseveranza la maniera corretta per descrivere i tempi confusi che stiamo vivendo.    

«Ho fatto tutto questo da solo, è stato assolutamente terapeutico. E la cosa buffa è che contemporaneamente vedevo un terapeuta» - Nick Hakim

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