NCCP, un ritorno che chiude il cerchio
Napoli 1534 / Tra moresche e villanelle è il nuovo disco della Nuova Compagnia di Canto Popolare, oggi capitanata da Corrado Sfogli e Fausta Vetere
Le parole hanno sempre un loro peso specifico alto, a dispetto di un mondo che le macina con un’annichilente voracità bulimica. C’è stato un tempo, non molti decenni fa, in cui le parole, non ancora mero supporto della giostra delle immagini, avevano un peso specifico quasi dirompente. Quando uscì il primo vinile in Italia attribuito alla Nuova Compagnia di Canto Popolare in parecchi avvertirono che nessuno dei termini usati era meno che importante, un po’ come per il Nuovo Canzoniere Italiano, o come per il titolo dello spettacolo Ci ragiono e ci canto.
C’era quell’aggettivo che qualificava il lavoro da ascoltare come qualcosa che non fosse, dichiaratamente, un “calco” mimetico del passato, c’era il termine “compagnia” , che alludeva a una sorta di “laboratorio” con valenza anche teatrale (e così fu, con la Gatta Cenerentola), c'era quel “canto popolare” che indicava un campo d’indagine, di proposta, di interpretazione. Barra fissa su quel mondo musicale che ha lasciato alcune e precarie documentazioni scritte, e una catena resistente ma spesso fragile di rimpalli orali tra generazione e generazione.
La storia della NCCP è stata, per molti anni, un’esaltante avventura su un crinale estetico difficile e vitale al contempo, in cui l’eleganza formale andava a braccetto con la forza impetuosa dei reperti musicali non educati secondo i dettami colti dell’Occidente. Poi subentrarono lunghi anni in cui l’organico conobbe svariati avvicendamenti, nacquero dal seno del gruppo altre realtà musicali, i contorni della musica incisa e proposta sui palchi presero risonanze pan-mediterranee, world music e autoriali. Sempre con grande spessore, ma anche con la consapevolezza avvertibile che i tempi erano cambiati, e i teatri non si riempivano più di una maggioranza schiacciante e curiosa di giovani coi capelli lunghi affamati di tarantelle e villanelle, ma di un altro tipo di pubblico.
Il preambolo per dire che la pubblicazione di un nuovo disco della NCCP è di per sé un evento, nel 2020. E il fatto che il disco citato si intitoli Napoli 1534 / Tra moresche e villanelle è come se stesse a indicare la chiusura di un cerchio magico che riassesta passato e futuro in un unico percorso che non finirà. La mente operativa del gruppo, degli arrangiamenti e delle due composizioni originali – peraltro in tema con l’impianto generale – è oggi lo specialista di corde Corrado Sfogli, che firma anche il magnifico racconto iniziale in napoletano, immedesimandosi nel principe Ferrante Sanseverino, bisnipote di Roberto, Nipote di Ferdinando il Cattolico, ultimo principe di Salerno.
Il nobile racconta la propria vita e il proprio divorante interesse per le musiche dei “campagnoli”, le villanelle, e quelle dei saraceni, le moresche. Una “cornice narrativa” che legittima un excursus in dieci tappe antiche, e le due moderne citate.
La voce femminile è quella storica, carismatica e torreggiante di Fausta Vetere, quella maschile principale l’espressivo Gianni Lamagna. Mandole e mandoloncelli sono tra le braccia di Marco Sfogli, il basso è di Pasquale Ziccardi, il violino di Michele Signore, Marino Sorrentino è ai flauti, al suggestivo e acuto trombino e trombone a pistoni, Carmine Bruno alle percussioni, una formazione a sette occasionalmente arricchita da altri apporti timbrici e strumentali. Un viaggio di un’eleganza tenace, costruttiva, mezzo secolo dopo gli esordi. Chapeau.