Musica per far crescere bonsai
Esce per Stradivarius il primo disco di Zeno Baldi, originale compositore, performer e sound designer
L’incontro tra arte e dedizione, fondamento della millenaria cultura giapponese tesa alla ricerca dell’armonia delle forme e della perfezione nel dettaglio, trova il suo corrispettivo in ambito musicale con Zeno Baldi, tra i compositori più interessanti e attivi della nuova generazione. Lo dimostra Bonsai, il suo recente esordio discografico, pubblicato da Stradivarius.
Che si tratti di lavori per orchestra o per un numero più contenuto di strumenti, come nel caso di questo disco, interamente affidato all’esecuzione del Divertimento Ensemble diretto da Sandro Gorli, la sostanza non cambia. Le sue creazioni si presentano come veri e propri portali, che l'ascoltatore deve attraversare abbandonandosi ai molteplici stimoli posti in vibrazione. L’articolato processo di “frammentazione, polverizzazione e sbriciolamento” esercitato dal compositore, forza i cardini dell’organizzazione interna del segmento temporale, provocando inevitabilmente una sensibile alterazione a livello percettivo. In pratica Zeno Baldi restringe il campo all’infinitamente piccolo, dedicandosi alla cura dei singoli caratteri affinché possano germogliare all’interno di uno spazio ridotto, in perfetto accordo tra logica, tecnica e flusso vitale.
Lo dimostra il progressivo allargamento delle maglie avviato in "Cantor Dust", la cui sovrapposizione ritmica iniziale viene osservata a una distanza sempre più ravvicinata da provocare il discioglimento della pulsazione: si ha realmente la sensazione di una transizione dallo stato gassoso delle particelle in vibrazione a quello liquido di fluide colate sonore, affinché del materiale originale possano rimanere solo alcuni resti, polvere. In "Morene", il contrabbasso amplificato di Manuel Mayr diventa luogo di accumulo e deterioramento del materiale, al pari dei fenomeni che caratterizzano scenari lontani che il compositore elegge a intimo rifugio. Dalle suggestioni letterarie di Sanguineti, tradotte in atteggiamenti musicali per "In punta", al processo di imitazione scatenato in "Mimo", il richiamo alla tradizione giapponese torna vivo con "Kintsugi", ovvero l’arte di riparare oggetti in ceramica con l’utilizzo di oro e argento liquido. Ancora una volta l’attenzione al particolare, come la propensione a considerare la rottura e l’imperfezione parte importante dell’oggetto, qualcosa di prezioso ed esteticamente bello, anima questo lavoro.
Al di là delle tecniche applicate, questo disco invita all’ascolto delle singole composizioni, non necessariamente rispettando l’ordine presentato, quanto della sua visione d’insieme. Quest’ultima, però, non va confusa con la forma di un’unica grande opera costituita da singole parti tra loro indipendenti. È piuttosto il prodotto di un processo in continuo divenire, il cui risultato si è qui sedimentato in un disco per certi aspetti capace di penetrare vari generi musicali, all’interno del quale le singole tracce convivono e si succedono con istintiva naturalezza.