Montparnasse Musique, elettroniche africane
Montparnasse Musique è la storia di due produttori che si danno appuntamento alla stazione del métro
Montparnasse Musique è la storia di due produttori che si danno appuntamento nell’omonima stazione della metropolitana parigina: Aero Manyelo, detto Chobolo, sudafricano, incontra Nadjib Ben Bella, francese di chiare origini algerine conosciuto anche come DJ BoulaOne, mentre suona uno di quei pianoforti che da alcuni anni è facile trovare nelle principali stazioni francesi (a dire il vero anche in quelle italiane).
– Leggi anche: Pierre Kwenders nel nome di Papa Wemba
«Stazione di Montparnasse-Bienvenüe, attenzione alla chiusura delle porte»: sembra di sentirla la voce registrata che avverte i passeggeri mentre i due arrivano all’appuntamento che si erano dati la sera prima dopo un concerto dei Batuk, gruppo in cui militava Aero, senza sapere ancora che la serata sarebbe sfociata in una jam session notturna che avrebbe dato come risultato “Sukuma”.
Decidono di proseguire e di produrre pezzi da club con la presenza di Konono N°1, Kasai Allstars, Les Amazones d'Afrique – di cui Nadjib è il DJ ufficiale –, Mbongwana Star, Basokin e altri ancora: il gioco è fatto, l’avventura di Montparnasse Musique può avere inizio.
Arriva un contratto con la prestigiosa etichetta discografica Real World e i brani nominati prima finiscono nell’EP Montparnasse Musique uscito il 3 settembre dello scorso anno. Il disco riesce a trovare un suo equilibrio tra la passione di Nadjib per i ritmi grezzi e quella per l’elettronica DIY di Aero: l’Africa tradizionale e acustica si combina con la pulsione della Johannesburg moderna, fatta di gqom, kwaito, techno, afrohouse e amapiano. Il risultato è un suono elettro-acustico carico di passaggi contagiosi, un suono autentico e privo di facili compromessi.
L’EP è stato accompagnato da due video, entrambi girati a Kinshasa, il complemento perfetto per due canzoni costruite su ritmi Congotronics davvero indiavolati. Li propongo entrambi, partendo da “Panter”, con la presenza di Kasai Allstars e Basokin.
Girato nuovamente da Renaud Barret, il secondo video – che ha il compito di accompagnare “Makonda”, canzone in cui compaiono i Konono N°1 – offre una panoramica di un movimento artistico di strada davvero unico, fornendo al contempo un supporto visuale appropriato al suono del duo.
La clip mette in scena alcuni membri del collettivo Bakoko, formato da stilisti che associano la loro arte a performance corporee. Nel corso delle loro sfilate settimanali, che hanno luogo nei diversi ghetti di Kinshasa, gli artisti rendono omaggio al celebre movimento La Sape du Congo, rappresentandolo però in un modo totalmente nuovo. I principali creatori del collettivo, Arnold Mbo e Pipiyu, considerano le loro creazioni come una dichiarazione politica e un processo disalienante, esortando la gioventù congolese a riconnettersi agli antichi valori spirituali invece di immergersi nel consumismo.
Trascorre un anno ed ecco arrivare Archeology, la prima prova del duo sulla lunga distanza, una vibrante collezione di canzoni basate su musiche elettroniche ispirate da influenze provenienti da molte parti del continente africano.
Il primo singolo, “Bonjour”, è uscito a metà agosto ed è il risultato di una sessione di registrazioni con il cantante Muambuyi e il chitarrista Mopero Mupemba, entrambi provenienti dai Kasai Allstars. È una canzone edificante che celebra l’amicizia, accompagnata da un video girato nuovamente per le strade di Kinshasa dal solito Renaud Barret.
Aiutati da Michel Winter, il manager veterano della global music, già dietro a gruppi seminali della scena congolese quali Konono N°1 e Mbongwana Star, Nadjib e Manyelo sono stati accompagnati in studi di registrazione in Francia e Belgio da una lista incandescente di artisti congolesi, tra cui il grande Cubain Kabeya, musicista e bricoleur. «Eh, mama, you are not tired, you can dance all night, every night» canta Kabeya in lingala nella canzone “Muparue”, originariamente scritta dagli ormai disciolti Mbongwana Star e dedicata alle donne congolesi indipendenti in maniera sempre più crescente, mentre il tema ecologista e la salvaguardia delle foreste nella regione del Kasai sono il cardine attorno al quale si sviluppa “Plowman”, canzone in cui troviamo nuovamente la collaborazione di Kabeya.
– Leggi anche: Bantou Mentale, la Parigi-Kinshasa di Doctor L
Il brano centrale dell'album è “Mwangaza”, nel quale gli africani della diaspora sono implorati di tornare a casa, con un intervento in swahili del rapper Projekt. “Malele” vede l’intervento vocale di Menga Waku dei Konono N°1: «Avanza lentamente, passo dopo passo, non cercare di andare troppo veloce, no fretta no stress. Otterrai tutto ciò che vuoi al momento giusto».
«Il disco si chiama Archeology perché c’è una connessione mistica, la si può avvertire anche se non si comprendono i testi, è molto profonda. Abbiamo voluto rendere omaggio ai nostri progenitori, ma anche a ciò che va oltre la nostra comprensione» - Nadjib Ben Bella
Archeology riesce nel compito di coniugare la spiritualità e l’allegria, la trance e la cultura dei club, veicolando temi cari alla regione del Kasai: l’influenza dei leader (“Panter” e “Malele”), il valore del lavoro (“Luendo” e “Le Serpent”), la vita in quanto lotta (“Bitumba”) o la celebrazione della nascita di due gemelli (“Kamoulan”), tutto con un’euforia elettro-acustica davvero contagiosa. È musica che parla al corpo, è musica che merita attenzione.
«Dal sottosuolo alla superficie, dalla foresta alla metropoli. Africa del Nord e del Sud che s’incontrano, scavano e trovano i filoni dell’oro. Qui, all’intersezione tra il dancefloor e il rituale, tra l’elettronica e la cerimonia, si trovano mondi contemporaneamente antichi e moderni. Mondi ultraterreni, dove le inibizioni spariscono, i ballerini si abbassano scuotendosi e la trance ti porta laggiù, e ancora più lontano» – dal comunicato stampa della Real World