Mary Lattimore, l'arpa e il paesaggio

L’ambient music emotiva di Silver Ladders, nuovo lavoro della statunitense Mary Lattimore

Mary Lattimore
Disco
oltre
Mary Lattimore
Silver Ladders
Ghostly International
2020

Per consuetudine sguarniti di uscite significative, i primi giorni dell’anno si prestano al ripescaggio di titoli rimasti nelle retrovie durante i mesi precedenti. Ad esempio l’ultimo album da solista della statunitense Mary Lattimore: quarantenne virtuosa dell’arpa, strumento acquisito per ascendente materno e da lei studiato poi in ambito accademico.

– Leggi anche: I 20 migliori dischi pop del 2020

Ammirata sovente al fianco di artisti illustri (tra questi: Thurston Moore, Jarvis Cocker e Kurt Vile), in proprio Lattimore si era segnalata già nel 2018 con il notevole Hundreds of Days, cui Silver Ladders dà seguito perfezionandone la formula e ampliando gli orizzonti espressivi. Illustrato anch’esso in copertina da un dipinto della connazionale Becky Suss, l’olio su tela “Mic (Lighthouse with Solar System)”, è stato pubblicato a inizio ottobre e accompagnato da una “partitura visiva” creata dalla fotografa e film-maker californiana Rachael Pony Cassels: suggestivo complemento all’ascolto dei 40 minuti di musica.

Il disco aveva preso forma in Cornovaglia, appena prima del lockdown, nello studio di Neil Halstead: con Rachel Goswell coppia motrice degli Slowdive, band cardine dello shoegaze d’oltremanica. Costui non si è limitato a registrare e produrre il materiale, intervenendo altresì personalmente nella costruzione del suono: lo si percepisce nei riverberi di chitarra disseminati in “Til a Mermaid Drags You Under”, episodio che da solo occupa un quarto della durata, e nell’incantevole “Sometimes He's in My Dreams”, dialogando con gli arpeggi disegnati dalla protagonista, da parte sua propensa a modificare la natura dello strumento attraverso gli effetti a pedaliera.

Altrove, invece, è un garbato uso del sintetizzatore a variare la trama: in particolare nelle interferenze che increspano l’andamento di “Chop on the Climbout”, composizione ispirata dalle sensazioni provate nel corso di un viaggio in aereo, ha spiegato l’autrice. Tiene viceversa i piedi piantati in terra, evocando una passeggiata nel bosco, il brano d’apertura: “Pine Trees”, affascinante esercizio di musicalità dal gusto rinascimentale. Come confermano le ambientazioni del corredo video, elemento predominante in termini narrativi è tuttavia l’acqua, tanto nell’elegiaco minimalismo di “Don’t Look” quanto nella traccia che dà nome all’intera opera. L’effetto d’insieme è ammaliante: dietro un’apparenza da ambient music contemplativa, si scorge un paesaggio denso di emozioni profonde.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

oltre

Il mosaico musicale di Fennesz

Dopo cinque anni, un disco nuovo dal maestro austriaco dell’ambient

Alberto Campo
oltre

Il mito di Orfeo secondo Sarah Davachi

In The Head as Form’d in the Crier’s Choir la compositrice canadese trae ispirazione da Claudio Monteverdi e Rainer Maria Rilke

 

Alberto Campo
oltre

La morbida confusione di Mabe Fratti

Sentir Que No Sabes è l’inconsapevole capolavoro della violoncellista e cantante del Guatemala

Alberto Campo