Marc Ribot rocker politico
Con il fenomenale YRU Still Here? torna il trio Ceramic Dog di Marc Ribot con Shazad Ismaily e Ches Smith alla batteria
Un disco di rock peso, politico, senza compromessi ma ironico, e che fa pure muovere la testa (in ogni senso). Logico che a farlo fossero dei jazzisti, nello specifico Marc Ribot con gli ormai fedelissimi Shazad Ismaily al basso e Ches Smith alla batteria.
Il progetto Ceramic Dog è in realtà un vero e proprio gruppo stabile, insistono i protagonisti, e si vede (lo abbiamo recentemente testato dal vivo al Torino Jazz Festival: ne abbiamo parlato qui). Soprattutto da quando – in particolare dal secondo e penultimo album, Your Turn– il trio ha virato decisamente verso la forma canzone.
Questo nuovo YRU Still Here? – che, lo diciamo subito, è un disco fenomenale – riprende il discorso in 11 tracce spesso concise, talvolta cantate, talvolta urlate, talvolta strumentali e ondivaghe, in gran parte costruite sulla ritmica decisa di Ches Smith e sul basso ora gommoso, ora hard di Ismaily. Ribot si ritaglia alcuni momenti da guitar hero non privi della consueta ironia, ma è il suono d’insieme a prevalere, con fiati (a cura dello stesso Ribot, impossessato dal demone del free jazz!) e sintetizzatori a completare il quadro. E poi, infine, la voce – ancora dello stesso Ribot: una voce, sottile, acuta, gridata – che se deve ricordare qualcosa nell’immediato, ricorda i Beastie Boys degli anni d’oro (all’impressione concorrono anche i “cori” di botta e risposta dei due sodali, che urlano sullo sfondo).
Siamo insomma da qualche parte tra il punk e Arto Lindsay, tra i Fugazi e – boh!? Chi può dirlo: il gioco dei riferimenti è forse inutile in un disco e un progetto che è evidentemente citazionista, ma che altrettanto evidentemente non vuole ridursi a un giochino retromaniaco: i testi sono politici, duri, figli del recente clima politico americano e ovviamente anti-Trump (la sinuosa “Pennsylvania 6 6666” racconta con ironia l’infanzia di Ismaily da nero in, appunto, Pennsylvania; il titolo di “Muslim/Jewish Resistance” parla da sé). “I got a right to say FUCK YOU!!!”, canta un iroso Ribot nella traccia di apertura, la decorticata “Personal Nancy” (dove Nancy è Nancy Spungen, già compagna di Sid Vicious), e già dà il mood del disco: da giocarselo tra i dischi dell’anno, già a maggio.