Ludovico Peroni, un sognatoio per la shoah
In disco l’opera sperimentale in nove scene dedicata alla Shoah dal compositore Ludovico Peroni
«Da piccolo giocavo alla morte…»: queste sono le prime parole (e il titolo) del poema di Filippo Davoli sul quale Ludovico Peroni ha basato Il Sognatoio, opera sperimentale in nove scene che, dopo aver ottenuto il premio “Teatro, Musica e Shoah” nel 2017, è stata recentemente pubblicata in un disco registrato esattamente un anno fa, tra il 25 e il 26 gennaio del 2020.
Recitate dallo stesso Davoli e introdotte dai suoni stranianti e affilati della breve prima scena, queste parole ci accompagnano nella seconda tappa di un viaggio musicale immaginato da Peroni come una sorta di disarmante pellegrinaggio attraverso una memoria al tempo stesso evocata e immaginata, un percorso tracciato su un filo drammatico in bilico tra la tragedia e la speranza. Come annota lo stesso compositore, «“Sognatoio” è una parola che non sono riuscito a trovare nel dizionario. L’ho ascoltata con sorpresa in un magnifico, quanto crudo, documentario sulla Shoah di Alain Resnais (Nuit et brouillard, 1955). Era utilizzata per indicare un luogo chiuso da una porta misteriosa, all’interno di un campo di concentramento, dal quale nessuno aveva mai fatto ritorno. Un termine meraviglioso per indicare un luogo sicuramente orribile. È una parola che, in qualche modo, riesce a trattenere, tenacemente, le tracce di una speranza disperata. Ma una speranza autentica».
Le nove scene nelle quali si articola quest’opera – "Fine", "Sei la neve", "Nascondino coi fiori", "Pupo di Bestia", "Intermezzo", "Ipertimesia", "Notte e Nebbia", "Macinello", "Inizio" – ci offrono un percorso drammaturgico idealmente ispirato alla vita di un bambino ebreo vissuto durante l’ascesa al potere di Hitler, sviluppato su una materia sonora dal segno astrattamente contemporaneo, duttile e densa al tempo stesso. Una sorta di narrazione sonora plasmata miscelando stili e forme compositive che spaziano da atmosfere rock a stilemi jazzistici, dalla musica concreta al rumorismo più materico, ritagliando ora ostinati scarti metallici ora oasi illuminate da una liricità scabra ma intensamente pregnante.
Un impasto musicale nel quale l’approccio gestuale e improvvisativo assume il ruolo di filo conduttore, seguito con efficace impegno dai componenti dell’ensemble QRO (Quick Response Orchestra) diretti dallo stesso Peroni, capaci di miscelare con cura i suoni di sax, tastiere, chitarra elettrica, batteria e percussioni, in un impasto timbrico arricchito nella scena titolata “Nascondino coi fiori” dall’intervento del clarinetto di José Daniel Cirigliano.
Un lavoro che ci conferma la dimensione di disarmata solitudine che inevitabilmente accompagna una riflessione profonda e interiore rivolta a un dramma indicibile come la Shoah – dimensione se vogliamo incarnata idealmente dalla sedia vuota della copertina del disco, tratta da un’opera di Ignacio Llamas – e che riesce a evitare con misurata eleganza sfumature o derive retoriche sempre in agguato quando ci si approccia a temi come questo.