For the Love of Beyoncé
Everything Is Love, a nome The Carters, segnala lo scoppio della pace tra Beyoncé e Jay-Z (e ci conferma che Beyoncé è la più grande performer in circolazione)
23 aprile 2016: Beyoncé mette sul mercato Lemonade, il suo j’accuse nei confronti del marito, colpevole di essere un womanizer (con un giro di parole traduco con “traditore seriale al di fuori del vincolo matrimoniale”). Il risultato è notevole, al punto da entrare nelle classifiche dei migliori album dell’anno delle riviste specializzate di tutto il mondo, Italia esclusa perché da noi si tende a guardare con sospetto chi ha successo commerciale, si preferisce premiare personaggi più in ombra, si pensa sia più cool.
30 giugno 2017: esce 4:44, il tredicesimo album di Jay-Z: musicalmente parlando è una chiavica, per quanto riguarda i testi il goffo tentativo di scusarsi pubblicamente con la moglie. Facciamo finta di nulla e passiamo oltre.
A questo punto sorge spontanea una domanda: ma perché i panni sporchi non ve li lavate a casa vostra? La risposta potrebbe essere che nessuno dei due sa far partire la lavatrice (come me del resto, senza peraltro avere lo stesso conto in banca e quindi più colpevole) e comunque essere la Royal Couple della musica d’oltreoceano comporta anche dei costi, uno tra tutti quello di rendere conto delle crisi che mettono a rischio la solidità di un rapporto che per molti è un esempio.
16 giugno 2018: abbastanza a sorpresa ecco Everything Is Love a nome The Carters (il vero nome di Jay-Z è Shawn Corey Carter): un album in tandem a significare che il sereno è tornato sulla coppia. In tandem fino a un certo punto, è piuttosto un album di Beyoncé in cui Jay-Z, con le orecchie basse come un cocker, fa delle comparsate.
E Beyoncè è…beh, è Beyoncé al cubo, in forma strepitosa (e da qualche anno questa non è una novità), si cimenta con la trap, rappa meglio di quel bollito di suo marito, canta come una dea sia sulle note alte sia su quelle basse. Parliamoci chiaro: lei potrebbe limitarsi a fare un album ogni due anni di R’n’B plastificato e annacquato, quello che tanto piace al pubblico della catena di supermercati Walmart, riformare ogni tanto le Destiny’s Child per un tour mondiale esaurito già in prevendita, e fare soldi a palate. E invece no: anche in questo disco dal titolo zuccheroso la signora Beyoncé Giselle Knowles-Carter non dimentica di essere un esempio per molte donne afroamericane (e non solo) e allora i testi trattano di rispetto, di storia del popolo africano, di rapporti interpersonali, di correttezza, e pur facendo così guadagna ugualmente soldi a palate.
La voce di un toaster giamaicano introduce “Summer”, il groove è elegante, curato da musicisti dell’etichetta newyorkese Daptone, quella di Sharon Jones e Charles Bradley, e B. ci fa subito capire che lei c’è, questo è un suo disco, lei è il Commander-in-chief.
Boom! Trap banger! "Apeshit" è prodotta da Pharrell e vede la partecipazione dei Migos, sarà un riempipista estivo da paura, ed è accompagnata da un video visivamente incredibile: oddio, a tratti i due sembrano dei salumieri arricchiti che si affittano il Louvre per comparire con la Gioconda e la Nike di Samotracia alle spalle, ostentando la loro ricchezza, la loro bellezza (soprattutto B.) e il loro potere (il messaggio sembra essere non tanto “Siamo qui, dentro uno dei massimi templi delle arti visive occidentali e bianche, perché non valiamo meno di voi”, ma piuttosto “Siamo qui perché i nostri soldi ce lo permettono”: alla fine il Louvre sembra essere l’ennesimo status symbol da esibire) ma, detto ciò, sottolineo nuovamente che questo video ha un impatto visivo molto potente ed è uno dei più belli visti quest’anno.
“Sono tutti capi fino a quando non è il momento di pagare l’affitto dell’ufficio”, “Non sono andato al Super Bowl, io non ho bisogno di loro, sono loro ad aver bisogno di me” (Jay-Z), “Now we are happy in love” (sono tornata con lui ma calma, non sono più o nuovamente “Crazy in Love”), “Sei fortunato che non ti abbia ammazzato quando ho incontrato quella B…”, e Jay-Z sapientemente interrompe il nome con “Va bene, va bene”: scene da un matrimonio, direbbe Bergman, ma condite da un’energia e da una produzione fuori dal comune.
Beyoncé è la più grande performer in circolazione, sa fare tutto e per giunta con apparente naturalezza (guardatevi il video della sua performance al Coachella di quest’anno, qui sotto): è la star del jet-set ma è anche la ragazza di Houston che ama il rap, è la donna che frequentava la Casa Bianca durante la presidenza Obama ma che continua a godere del rispetto dello strato sociale più povero della comunità nera, è la miliardaria che raramente critica il sistema ma che durante l’esibizione al Super Bowl di due anni fa affronta una platea in larga parte bianca vestita come un membro delle Pantere Nere, è tutto e il contrario di tutto. Se ce ne fosse ancora bisogno, questo album ci ricorda che di Beyoncé ce n’è una sola: lei.
It’s Beyoncé, nigga, oh my God!