L'Enciclopedia Teho Teardo
Il nuovo, ottimo, disco di Teho Teardo si ispira a L’Encyclopèdie di Diderot e D’Alembert
Invitato dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli a visitare la collezione di testi antichi e rari per farsi ispirare, un curioso per natura come Teho Teardo non poteva non farsi affascinare da un lavoro fondamentale come L’Encyclopèdie di Diderot e D’Alembert e, nello specifico, dal libro sulla musica, ricco di esempi paradigmatici e, inevitabilmente, un po’ dogmatici.
Dalla registrazione di questi esempi e dallo stimolo fornito dalle strette regole enunciate, Teardo ha conseguentemente composto la musica del nuovo Ellipses dans l’Harmonie – Lumi al buio, disco che conferma in modo convincente la personalità del musicista friulano.
Il corvo di Teho Teardo
L’apertura, con la bella “Cadence Féminine”, è già innervata da un’avvolgente circolarità cameristica, lacerata da tormentate sciabolate di rumore; ma man mano che si procede nella labirintica razionalità del disco – con la sua naturale compresenza di suoni acustici (gli archi in primis) e elettronici – si ha la sensazione di immergersi in un narrare sempre cangiante, in cui la necessaria geometria svela in realtà bagliori difficilmente processabili con il solo intelletto.
Laddove molti musicisti si sarebbero facilmente lasciati sedurre dal fascino dell’unheimlich (le volute di archi o un clavicembalo ossessionato, come quello di “Systheme de M. Kirnberger”, che montano l’inquietudine come fosse panna fresca), Teardo riesce invece a aprire continui squarci di umanità, di narrazione e di comprensione, anche grazie a un utilizzo raffinato dell’ampia tavolozza a disposizione.
È vero che in questo Teardo è probabilmente favorito dalla lunga e felicissima frequentazione con la musica per il cinema e il teatro – che insegnano a non perdere mai di vista l’efficacia narrativa – ma ciò non toglie che le pulsazioni e le lunghe trame accordali che si inseguono dentro gli schemi dell’enciclopedia rinnovino con semplicità una sorta di memoria primordiale del gesto sonoro.
Si arriva così come in un sogno verso il finale, con lo scabro lirismo di “Césures rélatives” che apre verso la title track con la sua risacca severa ma rassicurante. Un ottimo lavoro.