Le canzoni transoceaniche di Montañera

A Flor de Piel è il nuovo album dell’artista colombiana María Mónica Gutiérrez

montanera
Disco
pop
Montañera
A Flor de Piel
Western Vinyl
2023

Ha scelto come pseudonimo Montañera, equivalente al nostro “montagnina”, l’artista colombiana María Mónica Gutiérrez, a oggi pressoché misconosciuta benché abbia in curriculum già nove dischi, questo incluso: terzo da solista dopo gli autoprodotti Encarnación (2017) e Salvadora (2020), che hanno avuto eco in alcune serie messicane targate Netflix, alternati agli altri frutto di progetti da lei realizzati in quartetto (Suricato) o in duo (Ságan) mentre studiava jazz alla Pontificia Universidad Javeriana di Bogotá.

Intenzionata a perfezionarsi, si è trasferita poi a Londra, in malaugurata coincidenza con la vigilia del lockdown, esperienza esistenziale che ha fornito lo spunto ad A Flor de Piel: «L'album mi ha accompagnato in viaggi interiori alla ricerca di una mia identità in un nuovo territorio, nel ricordo di ciò che sono e nella ridefinizione di me stessa», raccontava in un’intervista.

L’afflato transoceanico è reso qui all’epilogo in “Cruzar”, sorta di ninnananna intonata in un’atmosfera fiabesca: “Attraversare il mare, proteggere la verità, prendersi cura e cambiare, cristallizzare, brillare e dimenticare, smettere di aspettare, lasciarsi andare, respirare, evaporare”.

Provenienza geografica e parvenze sonore la accomunano alla connazionale – espatriata anch’ella in Europa – Lucrecia Dalt, dalla quale tuttavia si differenzia nell’equilibrio istituito fra tradizione e contemporaneità, nel suo caso meno sbilanciata verso la seconda: «La musica tradizionale mi fa sentire parte di qualcosa di più grande», ha spiegato di recente.

Un legame addirittura vincolante: “Vestigia di ieri non mi lasciano riposare”, recita un passo di “Vestigios” su melodia alata che sorvola lo sprofondo di un solenne bordone elettronico. Scaglie di folklore colombiano affiorano in “Como una Rama”, dove emula con voce squillante il canto rituale chiamato bullerengue, salvo ricollocarlo in habitat sintetico.

A incarnare le radici native sono in “Santa Mar” il ritmo scandito alla marimba da Cankita e le armonizzazioni corali affidate a Las Cantadoras de Yerba Buena, compagne della protagonista in un viaggio al tempo stesso mistico (“Mi guida una santa che viene dal mare vestita di bianco”) e sensuale (“Ascolta la mia canzone che arriva dal mare e inumidisce la terra affinché possa crescere una nuova vita”).

Si tratta dell’episodio più affollato in termini di arrangiamento: altrove, in genere, fa tutto da sola, cantando e manovrando un sintetizzatore Korg, oppure pizzicando una kora del Senegal per assecondare l’accondiscendenza espressa in “Me Suelto al Riesgo”: “Mi abbandono al vento, a qualunque cosa accada”.

Sembra invece di ascoltare il suono giapponese del koto nel brano che apre la sequenza e dà titolo all’opera: carezzevole elegia “a fior di pelle” in cui confessa di poter “essere fragile come il canto di un passero”.

Strada facendo, Montañera indaga i misteri dell’amore (“Voglio sapere, voglio capire cosa ti passa per la testa quando mi guardi all’improvviso”, gorgheggia fra arabeschi ambient in “Tú - El Borde de Mi Arista”) e ne perlustra la dimensione abissale (“Nell’oscurità c’è una sorgente piena di me e piena di te”, rivela durante “Bajar”), fino a raggiungere l’apice del pathos con “Un Día Voy a Ser Mariposa”: “Un giorno sarò una farfalla, come quella che ha attraversato il tuo orizzonte”.

Musicalmente essenziale ed emotivamente intenso, A Flor de Piel è un disco sorprendente: vetrina di un talento limpidissimo.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

pop

La prima da solista di Kim Deal

Nobody Loves You More è il primo album dell’icona femminile dell’indie rock statunitense

Alberto Campo
pop

L'album di famiglia di Laura Marling

Il nuovo disco della cantautrice inglese Laura Marling nasce dall’esperienza della maternità

Alberto Campo
pop

Godspeed You! Black Emperor: un requiem per Gaza

Il nuovo lavoro della band canadese è ispirato al dramma del popolo palestinese

Alberto Campo