L'art-punk femminista di Big Joanie
Sistahs, il disco di debutto del trio londinese inaugura la nuova etichetta di Thurston Moore
Sistahs, uscito il 30 novembre 2018, segna il debutto sulla lunga distanza di Big Joanie, tre ragazze nere residenti a Londra e formatesi nell’ambiente del DIY. Non abbiamo saputo resistere alla tentazione di iniziare il nuovo anno recensendo un disco che si apre con una canzone intitolata “New Year”.
Stephanie Phillips e Chardine Taylor Stone si conoscono a un raduno femminista nel 2013, complice una sacca con la scritta “Raincoats” portata dalla Phillips; il comune amore per la band in cui avevano militato Palmolive, Vicky Aspinall, Gina Birch e Ana Da Silva, fa scoppiare l’amicizia e il desiderio di mettere in piedi un gruppo «simile alle Ronettes filtrate attraverso il DIY degli anni Ottanta e il Riot Grrrl con una spruzzata di dashiki (il variopinto abito maschile originario dell’Africa Occidentale che copre la metà superiore del corpo - NdR)».
Imbarcata la bassista Kiera Coward-Deyell (sostituita un annetto fa da Estella Adeyeri), il gruppo, denominato Big Joanie dal nome della madre della Phillips e con riferimento alle radici giamaicane, si esibisce al festival londinese First Timers, dedicato alle voci emarginate e alle nuove band. Tra il 2014 e il 2016 vengono pubblicati due EP, Sistah Punk e Crooked Room, ispirato dalla lettura della scrittrice statunitense Melissa Harris-Perry.
Dopo innumerevoli concerti ed essersi recentemente esibite prima dei Parquet Courts e dei Downtown Boys, è ora il turno di Sistahs, album d’esordio ispirato dalla sorellanza e dall’amicizia femminile, con l’obiettivo di creare un’atmosfera per essere completamente se stesse in quanto donne nere e scoprire cosa si può realizzare.
Inciso tra novembre 2017 e gennaio 2018 e prodotto da Margo Broom, questo disco è il primo a essere pubblicato dall’etichetta The Daydream Library Series di Thurston Moore, storico chitarrista dei Sonic Youth, ed Eva Prinz, proprietaria della casa editrice Ecstatic Peace Library. I due sono entrati in contatto con il gruppo dopo un concerto degli olandesi Ex, dove le tre Big Joanie, dopo aver aver fatto da spalla, gestivano un banchetto di magliette.
La sequenza di undici canzoni è aperta, come già anticipato, da “New Year”, una canzone sull’auto-rispetto e sulla necessità di combattere per diventare ciò che si vuole essere (“Non dirmi di aspettare”), seguita dal singolo che ha preceduto l’album, “Fall Asleep”, in cui la Phillips canta la paura di addormentarsi e di essere impotente all’interno di un sogno: “Se mai dovessi addormentarmi, mi sveglieresti dal sogno che mi farà piangere per settimane?”. Musicalmente parlando vengono alla mente le Sleater-Kinney, anche se il suono è meno strutturato; brano assolutamente potente che si piazza nel cervello e non lo abbandona tanto facilmente.
Il disco è percorso da una vena di innegabile coraggio, il messaggio del punk secondo cui bisogna trovare la volontà per essere una presenza attuale all’interno di una vita tutt’altro che facile è ben presente.
Sistahs scivola via in maniera uniforme, non ci sono pezzi riempitivi (in compenso ci sono delle vette come "Eyes" o "How Could You Love Me"), e per noi, amanti di Slits, Au Pairs, Raincoats, X-Ray Spex ed Essential Logic, è una buona notizia sapere che c’è qualcuno in circolazione che continua a declinare il punk e il DIY al femminile.
Il prossimo obiettivo è vederle dal vivo, magari al Decolonise Fest, oppure incontrarle mentre fanno le volontarie al Girls Rock Camp, o mentre dirigono la campagna Stop Rainbow Racism contro le esibizioni razziste nei locali LGBT.
Impossibile non provare simpatia per queste tre “ragazze terribili”.
P.S. Per la copertina è stata usata una vecchia foto che ritrae la mamma e la zia di Stephanie Phillips Durante una vacanza in Galles.