La Religio di Edmondo Romano
Religio è il nuovo album del fiatista e compositore genovese Edmondo Romano
Il termine latino religio, è, con ogni evidenza, quello che ha dato origine al nostro “religione”. Se si va a scavare nell'etimologia della parola, però, ciò che appare chiaro e distinto, di immediata comprensione a chiunque, si ammanta di parecchi angoli di oscurità, di molti snodi semantici che fanno riferimento a cose diverse – fermo restando che il prefisso “re” indica frequenza, costanza: un’ipotesi ci dice che la parola salti fuori da re–legĕre , aver riguardo, aver cura, scegliere; un’altra da re–ligāre, legare assieme. Infine c’è la cosiddetta tesi agostiniana: re–ēlĭgĕre, scegliere con attenzione.
Un bel viluppo semantico. Tutte le ipotesi però confluiscono in una: religio è sia atto di scelta, sia vincolo. Edmondo Romano, multifiatista abituato a scavalcare i generi e a scrivere e suonare musica che difficilmente potrete ricondurre a una sola fonte, sarebbe il primo a sottoscrivere l'ingorgo di senso di quella parola. Ma nell'accezione più spirituale, fatta da chi non è legato a nessuna “religione”, ma ritiene la musica e l'arte espressione di una spiritualità che nulla a che fare con le imposizioni.
Questo disco è un incanto severo e anche, in più tratti, maestoso, senza nulla togliere all’immediata comunicativa del tutto. Va a chiudere una trilogia di lavori solistici che hanno via affiancato l’opera del compositore genovese con i suoi gruppi (ricordiamo la creatura musicale più recente: Motus Laevus) con una bellezza compiuta, quasi intimidente.
Le etichette di genere saltano via come tappi spinti a forza su bottiglie in fermento, in Religio. Ci sono polifonie quasi madrigalistiche di voci impostate classicamente, ci sono contrappunti ariosi, ensemble solo di clarinetti che moltiplicano le ance di Romano, c’è una ballata prog con la voce potente di Roberto Tiranti, che sembra dettata dal cielo della musica dov’è ora Vittorio De Scalzi (e con De Scalzi Romano ha collaborato a lungo), che a un certo punto diventa una sorta di delizioso minuetto jazzato; ci sono i tasti del pianoforte della slovena Tina Omerzo a caricare di punte jazz il tutto.
C’è molto, dunque: e la dimensione cinematica di Religio sembra quasi chiamare a un concerto dove, sul palco con i musicisti (ventuno in totale i convocati, qui) ci siano immagini e un ensemble coreutico contemporaneo.