La rapper senza nome

Secondo, notevole, disco per Fatimah Warner, alias Noname, fra spoken word poetry e black music vecchio stile

Noname, room 25
Disco
pop
Noname
Room 25
autoproduzione
2018

Ventisette anni, originaria di Chicago, Fatimah Warner, meglio conosciuta come Noname, realizza il suo secondo disco (interamente auto-finanziato) e si conferma una delle voci più interessanti della nuova scena hip hop statunitense.

“La mia vagina insegna un inglese da prima superiore, la mia vagina ha scritto una tesi sul colonialismo”: questo verso, presente in “Self”, il brano che ha il compito di aprire Room 25, ci fa capire che ci troviamo di fronte a un racconto di consapevolezza; Noname fa il punto della situazione della sua esistenza di giovane donna nera, dei traguardi raggiunti, delle disillusioni e delle nuove speranze.

Fatimah è una poetessa trasformatasi in rapper quasi per caso, dopo aver partecipato sei anni fa allo rassegna Young Chicago Author’s WordPlay, a cui erano presenti Chance the Rapper e Jamila Woods, anch’essi poi giunti alla popolarità.

«Penso di piacere a molti dei miei fan perché sono convinti che io sia l’anti-Cardi B. Non lo sono, io sono solo Fatimah», ha detto Fatimah.

Meno “piacione” e frammentato del precedente Telefone, Room 25 è il frutto della collaborazione con Phoelix, il rapper e produttore di Chicago che ha un ruolo di primo piano in questo nuovo lavoro: il suo stile morbido sempre presente nei 35 minuti del disco, l’impianto sonoro jazzy e psichedelico, l’uso di una sezione di archi, curata dalla stessa Noname, per dare un tocco cinematografico (ascoltate “Window”), sono la perfetta base su cui Noname può dispiegare al meglio le sue notevoli capacità vocali, il suo flow debitore nei confronti della spoken word poetry: «Non mi interessa ricevere beat via computer e adattare le mie rime alla drum machine. Preferisco chiudermi in uno studio con musicisti che suonano strumenti veri».

Dove Telefone era la storia di una ragazza qualsiasi di Chicago, una delle tante che si possono incrociare quotidianamente per strada, Room 25 parla solo di Noname, dei due anni successivi all’album d’esordio, trascorsi quasi sempre in camere d’albergo (da qui il titolo del nuovo lavoro), con una tranquillità economica fino a quel momento impensabile e una nuova fiducia nelle proprie capacità. Questa fiducia non ha cancellato l’ansia: «Probabilmente la mia paura più grande era che Telefone fosse stato solo un colpo di fortuna. Ho paura che la gente possa dire che in fondo non sono così brava».

Basta ascoltare l’album per spazzare via questa paura: Fatimah non è brava, è bravissima e questo lavoro è un ulteriore passo in avanti verso il riconoscimento internazionale. All’ascolto vengono alla mente i nomi di Chance the Rapper, Erykah Badu e Lauryn Hill, ma ci tengo a puntualizzare che il risultato finale suona assolutamente originale: Noname ha un suo stile personale e Room 25 lo esplicita in modo inequivocabile.

All’interno di una raccolta molto compatta, da ascoltare tutta d’un fiato, risaltano “Blaxploitation” e il suo uso di spezzoni audio di film del filone blaxploitation popolare negli anni Settanta, la già citata “Windows”, “Don’t Forget About Me” e il suo incedere pigro, con gli archi ancora in evidenza, che costringe ad ascolti ripetuti,"Part Of Me” e gli interventi vocali di Phoelix e Benjamin Earl Turner, e la conclusiva “No Name”, traccia soul assassina.

Capolavoro? Se non lo è, poco ci manca.

"Lo so che un giorno tutti ce ne andremo, lo so che il mio corpo è fragile, lo so che è stato fatto con l’argilla, ma se devo andarmene prego che la mia anima sia ancora eterna e che mia madre non si dimentichi di me".

"Faccio rap per ninnananne".

 

 

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