La quinta predica di Father John Misty
Nel nuovo album, Josh Tillman gioca con gli archetipi musicali del Novecento americano
La nuova predica di Josh Tillman, quinta da quando ha preso i voti ribattezzandosi una decina di anni or sono Father John Misty, dopo aver già pubblicato in gioventù otto dischi da solista ed essere stato poi batterista nei Fleet Foxes, proietta in un “prossimo XX secolo” l’immagine di “una socialista di circoscrizione”, Chloë appunto, la quale “insiste che non si può fare altro che bere con un certo grado di critica d’arte da Ztl”.
Ahilei, farà una brutta fine: “L’estate terminò sulla terrazza, mise su la Cavalcata delle Valchirie per festeggiare il 31esimo compleanno e si gettò sulle foglie morte”. Ciò accade nell’ouverture che porta il suo nome: un pastiche vaudeville da commedia musicale nella Broadway di Gershwin. Come in un film di Wes Anderson, altri personaggi surreali popolano la messinscena, innaffiati da schizzi di humour agrodolce: nell’episodio successivo, “Goodbye Mr. Blue”, su arpeggio di chitarra acustica e lievi folate d’archi, alla maniera dell’Harry Nillson d’antan, compaiono due ex innamorati riuniti al capezzale del morente gatto d’angora che avevano in comune: “L’unica cosa rimasta fra me e te”.
Lo spleen della situazione trasuda nel seguente “Kiss Me (I Loved You)” (“Il nostro sogno è finito come capita ai sogni”), reinterpretato da David Lynch sotto le mentite spoglie della scimmia canterina Jack Cruz in uno dei 45 giri allegati all’edizione deluxe dell’album (il secondo ha per protagonista Lana Del Rey, alle prese con “Buddy’s Rendezvous”: “Quindi sarai una cantante, beh che io sia dannato, sei bella come una cartolina”, recita un verso, a proposito).
In passato ostaggio di un’autoreferenzialità a tratti debordante, ad esempio nel precedente God’s Favorite Customer (2018), Father John Misty concede nella circostanza la ribalta ad altri.
Ecco ancora una coppia in “We Could Be Strangers”, dal vago aroma blues: “Lei dice: ‘Le probabilità sono contro di te’. ‘Non ti spezzerò il cuore’. Lui dice: ‘Prima o poi perderai quello giusto’. ‘Basta che tu sia te stessa’. Questa conversazione è a un punto morto, forse il futuro sembrerà più luminoso da svestiti”. È un incontro occasionale, ma scivola in tragedia: “Mentre sono là sdraiati sanguinanti in autostrada, lui le prende la mano”. Oppure, avviluppata in arrangiamenti rétro alla Tin Pan Alley, una “Funny Girl”: “Sembri senza pretese, finché la stanza che stai seducendo si riempie di risate a crepapelle e ti trasformi in una Cleopatra alta un metro e mezzo”.
Benché non manchino le divagazioni, dal valzer malinconico di “(Everything But) Her Love” (“Lui guarda la tv, lei consulta l’I Ching e io rimango quasi impassibile quando lui cerca di andarsene”) a un’elegante bossa nova dall’intestazione spagnola, “Olvidado (Otro Momento)”, il centro di gravità è la tradizione americana del Novecento simboleggiata dalla grandeur hollywoodiana di “Q4”, con supplemento di clavicembalo barocco e narrazione consacrata a una scrittrice fallimentare: “Simone scrive poco e male, a meno che il teatrino da scatola nera sia il modo in cui paga l’affitto, una specie di semimemoriale giace nel cassetto della scrivania dei redattori letterari del weekend”.
L’orchestrazione sontuosa dell’insieme, confermata dalle recenti presentazioni dal vivo del repertorio (la settimana scorsa al Barbican di Londra con la Britten Sinfonia e in febbraio alla Walt Disney Concert Hall di Los Angeles accompagnato dalla filarmonica locale), rievoca quella mostrata nel 2017 in Pure Comedy, ampliandone tuttavia gli effetti.
In questo senso, apice dell’opera è – all’epilogo – “The Next 20th Century”, dove – fra nacchere melodrammatiche e improvviso imbizzarrimento di chitarra elettrica – sfilano in sequenza apparizioni da giostra psichedelica (l’autore, del resto, assumeva dosi omeopatiche di LSD allo scopo di contrastare ansia e depressione): da una band di nazisti ingaggiata per suonare in un matrimonio a Val Kilmer nei panni di Batman. Morale: “La ruota sta girando, dalla notte al giorno, tutto è in transizione, tutto deve cambiare, ma nessuno di noi qui vedrà mai la terra promessa”.
E gattopardescamente: “Le cose continuano a peggiorare pur rimanendo stranamente le stesse”. Che fa dunque il nostro eroe? “Io mi prendo le canzoni d’amore e in cambio vi lascio il futuro”.
Varcata la soglia dei 40 anni, prodigandosi in un esercizio di stile formalmente impeccabile, per quanto in alcuni momenti stucchevole, l’ambizioso ed eccentrico Padre Tillman sembra intenzionato ad avverare ciò che annunciò tempo fa al “New Yorker”: “Voglio essere autenticamente falso anziché falsamente autentico”.