La Macina antologica
Un doppio cd per ripercorrere l'arte e la ricerca di Gastone Pietrucci e della sua Macina, ormai nel cinquantunesimo anno di vita
Servono, le testimonianze storiche. E per il motivo semplice, ineludibile e pressante che senza testimonianza non c’è narrazione dei fatti. E senza narrazione, come che sia, ci raccontano sociologi, antropologi, musicologi, storici, non c’è trasmissione di sapere, perché la nostra fragilità di umani non contempla che riusciamo a sopravvivere, in un ambiente in cui gli altri animali sopravvivono per “natura”, e non per cultura, che è costruita sulla narrazione.
INTERVISTA – I primi 50 anni de La Macina
È tutto quel che abbiamo, ed è moltissimo. La cultura e la narrazione sono sonde che lanciamo nel passato non avendo altro che racconto e pietre e manufatti (d’arte e di vita quotidiana) da interpretare, e sonde che avviamo nel futuro, come quando lanciamo sonde su Marte, perché chi verrà dopo di noi qualcosa di noi possa capire, anche se non di prima mano. Gastone Pietrucci è un uomo-memoria e un uomo- narrazione. Lo scorso anno ha festeggiato, con molta eleganza e appuntamenti mirati (fra cui il Premio alla Carriera al Premio Nazionale Città di Loano) i cinquant’anni della sua Macina, nata a Monsano nel 1968.
Per chi di quell’anno coglie solo, con astio retrospettivo, la pars destruens di una supposta e precedente età dell’oro che invece aveva le stimmate dell’immobilismo, un percorso come quello del “sessantottino” Pietrucci è quasi un affronto. È un presidio di cultura, di memoria, di narrazione che la regione Marche d’Italia deve custodire come un tesoro inestimabile. Cinque decenni sono tanti, quasi lo spazio d’azione complessivo che in un’esistenza media si può dedicare alla creazione e a lasciare un segno. La Macina (oggi un quintetto assestato nell’esperienza, allargato a sestetto con la preziosa presenza del coordinatore Giorgio Cellinese) segni ne ha lasciati tanti, e ben venga questo doppio cd antologico, Opus Minus, che può funzionare sia da viatico per chi ha bisogno di avvicinarsi all’ormai imponente corpus di brani dell’ensemble marchigiano, trattato nel primo cd – Opus Quadratum, La Macina XXI secolo – sia da chi cerca tracce riunite di come funzionano gli inneschi della tradizione, dei repertori popolari per dare la stura a incontri inaspettati e avventurosi: e questo è il campo del secondo cd, – Opus Mixtum – , sottotitolo significativo Comparazioni, Rivisitazioni, Contaminazioni.
Qui troverete il “petroso” gruppo guidato dalla voce scheggiata di roccia di Pietrucci a confronto con il jazz, il rock dei palpitanti Gang, un'orchestra sinfonica, il teatro sperimentale, la chitarra a dodici corde di Marco Poeta, la voce antica e visionaria di Giovanna Marini.
Nel primo cd invece, si coglie il meglio dell’intensità sprigionata dalla Macina nelle alte, a volte altissime temperature emotive toccate dalla trilogia dell’Aedo malinconico ed ardente, fuoco ed acque di canto (e qui si colgono gli interventi di Moni Ovadia, di Rossana Casale, di Riccardo Tesi, di Ambrogio Sparagna, tanto per citare qualcuno).
È giusto infine segnalare che poi sia nato qualche altro fiore selvatico, prontamente accolto in questa serra di profumi popolari: un "Salve regina" per voce, contrabbasso e violoncello, e due radenti filastrocche – scioglilingua, dalle ugole allenate di Pietrucci e di Maria Novella Gobbi.