Kelly Moran, l'elettronica preparata

Ultraviolet, il nuovo album della compositrice newyorkese, Kelly Moran è marchiato Warp

Kelly Moran - Ultraviolet
Kelly Moran
Disco
oltre
Kelly Moran
Ultraviolet
Warp
2018

Compositrice e pluristrumentista statunitense dall’attitudine eclettica (già bassista e tastierista in un paio di band post punk newyorkesi, è frequentatrice abituale del circuito metal), Kelly Moran sta vivendo il suo momento di grazia. Dopo che il lavoro precedente, Bloodroot, aveva mietuto consensi pressoché unanimi (nei 25 dischi di classica dell’anno per il “New York Times” e fra i migliori 20 in area avant-garde secondo “Rolling Stone” nel 2017), Kelly Moran è stata reclutata da Daniel Lopatin, ossia Oneohtrix Point Never, per far parte del gruppo che lo accompagna nell’ambizioso show chiamato MYRIAD, traduzione dal vivo del recente Age Of, edito da Warp, medesimo marchio impresso ora su Ultraviolet (dove Lopatin stesso è implicato nella coproduzione di alcuni brani, su tutti “Water Music”).

In origine pianista, avendo cominciato a maneggiare lo strumento all’età di sei anni e approfonditane la conoscenza durante il periodo formativo all’università del Michigan, Moran mette a frutto in questa circostanza le varie esperienze, portandole a sintesi. Si riappropria così del bagaglio didattico, accantonato per insofferenza alle costrizioni accademiche (“I programmi sono molto datati e svolti da persone convinte che i canoni debbano essere preservati”, ha dichiarato in un’intervista), e ne proietta i contenuti in una dimensione creativamente informale.

La modalità del piano preparato di Cage, da lei studiata e applicata in passato, viene rigenerata al contatto con le tecnologie elettroniche. Lo dimostra l’episodio centrale dell’album, “Nereid”, dilatato oltre i dieci minuti: esercizio di ambient music che evoca la “foresta di cristallo” descritta nel 1966 da James Ballard. Altrove, quando dai sintetizzatori sgorgano bordoni artificiali, si percepisce un’affinità elettiva con il canadese Tim Hecker: è il caso di “Helix”, ad esempio.

L’arpeggio minimalista da cui scaturisce il nebuloso “In Parallel” sembra rimandare invece agli esperimenti “neo classici” di Nils Frahm.

Alternando parti scritte ad altre improvvisate, Kelly Moran ottiene musica che dietro un’apparenza algida dissimula un denso carico emotivo, apprezzabile una volta presa familiarità con l’opera.

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