Jantra, il futuro dell'elettronica in Sudan
Dal Sudan una nuova irresistibile scena di dance music emerge dalle registrazioni del misterioso Jantra
Il Sudan è un Paese nel caos e il distretto di Al-Fashaga, un triangolo di terra conteso tra Sudan, Etiopia ed Eritrea, lo è ancor di più. Ma c’è un uomo la cui musica eterea contrasta il caos: il suo nome è Jantra e vive a Gadarif.
Jantra è una sorta di reietto, in tutti i sensi: non connesso alla Rete, un fuorilegge, uno sbandato dal punto di vista musicale, uno che pesca suoni celestiali e ipnotici dal firmamento attraverso quello che possiamo pomposamente definire Fashaga underground, o electronic Jaglara.
Lui non sa di essere il soggetto di una reputazione in forte crescita, e forse non lo saprà mai. Jantra significa “pazzia” e in questa storia la pazzia non gioca un ruolo secondario, a partire da quella di Vik Sohonie, ricercatore ossessivo di dischi, originario dell’India e residente tra Bangkok e New York, dove ha fondato l’etichetta discografica Ostinato Records. Uno che ha messo a punto una sorta di “allenamento” per gli algoritmi di TikTok e YouTube in modo che gli segnalino “musiche strane”, che da anni predica che l’Occidente non può essere l’unico interprete del nostro mondo e che usa la sua etichetta per fornire una colonna sonora alla resistenza musicale.
I report giornalistici dal Sudan che dalla metà di aprile parlano di combattimenti selvaggi, di centinaia di morti e di migliaia di sfollati, contrastano con le (scarse) immagini di Jantra curvo su una ricca varietà di synth personalizzati – arrivo a dire hackerati – un sorriso come un’alba raggiante sul suo volto concentrato e una folla di ballerini sgomitanti di fronte al suo altare musicale, in un secret party da qualche parte nel Sudan più rurale.
Pillola di storia: da quando nel 1956 il Sudan ha dichiarato la propria indipendenza dal controllo congiunto di Gran Bretagna ed Egitto, l’instabilità ha dettato legge. L’esercito è stato al potere più spesso che i governi civili e i colpi di stato sono stati innumerevoli. C’è stata anche una guerra civile religiosa tra i musulmani del Nord e i cristiani del Sud che come risultato ha portato alla nascita nel 2011 della nazione separatista del Sudan del Sud. Nel frattempo l’esercito, ahimè, è rimasto ancora avvinghiato al potere.
Nel 2019 un’insurrezione civile sembrava poter riportare a una guida democratica, cosa che non è mai avvenuta. I leader della rivolta sono stati arrestati e i militari hanno riconquistato il controllo del Paese. Tuttavia l’opinione pubblica rimane attaccata alla democrazia; è così emersa una sanguinosa impasse nella quale la democrazia è stata promessa, ma la lotta tra l’esercito e un gruppo paramilitare ha portato a un eccidio in nome dei due rispettivi leader, nella speranza di far nascere una transizione democratica che avvantaggiasse i rispettivi interessi.
Questo intricato miscuglio di inevitabile avversità è dove il Sudan si è sempre ritrovato impantanato, un caos traballante che è il fattore distintivo del panorama culturale in cui Jantra esercita la sua arte. «Quasi tutte le tastiere presenti in Sudan sono importate dall’Egitto o da Dubai», racconta Vik Sohonie. «Generalmente si possono comprare da commercianti selezionati o al mercato di Omdurman, il cosiddetto “cimitero delle tastiere”, dove c’è una grande officina meccanica che aggiusta e modifica le tastiere per adeguarle all’estetica del suono poliritmico locale».
Questo underground musicale collega direttamente le tradizioni folkloriche all’influsso della tecnologia portata dalle regioni meno ostili.
I beat dinamici di Jantra possono riportare alla mente la frenetica dabka, la danza diffusa in tutto il Medio Oriente e resa celebre nel circuito world dal musicista siriano Omar Souleyman, ma la musica da ballo ultraterrena Jaglara rivela una mescolanza che appartiene unicamente a Jantra e alla sua regione, dove i ritmi e le melodie sudanesi si fondono con tonalità eteree di synth per cesellare frequenze sublimi che solo il suo Yamaha è capace di far apparire, come per magia.
Questo stile è presentato in una recente pubblicazione della Ostinato, Synthesized Sudan: Astro-Nubian Electronic Jaglara Dance Sounds from the Fashaga Underground, che ha il merito di rendere accessibile la finora oscura musica di Jantra ai dancefloor di tutto il mondo. Oltre alle modifiche customizzate e una chiavetta USB con abbozzi di canzoni, la tastiera di Jantra è adattata a scale ben precise e al ritmo trainante del Sera, un ritmo tradizionale sudanese che sorregge tutti i brani dell’album.
Sconosciuto a Khartoum, fino a poco fa Jantra non sapeva neanche che il suo disco fosse stato pubblicato. Anche se suo fratello ha un negozio di telefonia, lui continua a vivere senza telefono e quindi è difficilmente contattabile da chi non fa parte della sua cerchia di conoscenti: «Gli ho comprato un telefono ma l’ha perso; gliene ho preso un altro ma l’ha perso di nuovo», racconta Sohonie ridendo. Non ha un repertorio di canzoni, le sue esibizioni sono delle lunghe improvvisazioni alla ricerca del groove e quando lo trova i presenti reagiscono agitando le spade e sparando in aria: sono feste selvagge in cui la gente è armata ma solo per celebrare, ci tiene a sottolineare Jantra, raggiunto tramite un intermediario e in maniera rocambolesca da Daniel Dylan Wray di The Guardian.
Dalla metà degli anni Settanta e per tutto il decennio successivo, gli artisti africani si sono ritagliati uno spazio come pionieri della musica elettronica: musicisti come il tastierista nigeriano, poi diventato pastore religioso, William Onyeabor con il suo repertorio electro-funk, il camerunense Francis Bebey con i suoi esperimenti di futuristic folk e il nigeriano-ghanese Mamman Sani con i suoi progetti di droni sognanti, tutti hanno prodotto registrazioni innovative per i loro tempi. E anche oggi il continente africano vanta vivaci scene di musica elettronica – come più volte raccontato su queste pagine – e ha generato stili peculiari di dance music come Afrobeats, electro chaabi, Singeli e Amapiano. Ora Jaglara può a ragion veduta entrare a far parte di questo elenco.
«Electronic Jaglara from the Fashaga underground will change electronic music forever» - Vik Sohonie
Il già citato Sohonie racconta che suonare è stata una necessità per Jantra al fine di aiutare la propria famiglia. Auto-didatta, ha affinato le sue abilità di tastierista nel corso di una ventina d’anni e, quando la sua fama è cresciuta, ha cominciato a essere invitato ai più svariati eventi, guadagnandosi il pane con esibizioni ai matrimoni, agli henna party (che possiamo tradurre in maniera un po’ semplicistica con “feste pre-matrimoniali” o “addii al nubilato”) e nel circuito delle feste da strada.
Durante il primo lockdown nel 2020, Sohonie stava setacciando un’ampia gamma di musica sudanese su YouTube per “allenare” l’algoritmo a scoprire nuovi artisti, quando si è imbattuto nelle vivaci esibizioni di Jantra, alcune delle quali erano state viste da più di un milione di utenti, con una particolarità: i commenti erano esclusivamente in arabo sudanese.
Grazie ai contatti coltivati in Sudan in svariati anni, Sohonie ha fatto alcune chiamate per rintracciare il synth maestro. Dopo un anno passato a pianificare un incontro sempre sfumato, Sohonie e il suo collaboratore Janto Koite alla fine nel 2021 ce l’hanno fatta a registrare a Khartoum l’enigmatico Jantra, una persona di poche parole che può sparire per mesi per poi ricomparire senza preavviso, il classico “genio creativo” che può farti andare fuori dai gangheri.
Il suo coinvolgimento nel progetto discografico è alquanto effimero: pensate che i diritti gli sono pagati presso un ufficio Western Union di Gedarif, per il momento ancora funzionante, e lui passa a ritirare il denaro di tanto in tanto. E ultimamente questo è più o meno tutto ciò che la Ostinato sa di lui, anche a causa della guerra civile.
“Non dimenticherò mai la festa in quel piccolo tendone con quel sound system davvero grande; se non dovessi ricordare più nulla della mia vita, ricorderò comunque quella festa. Tutti ballavano come indemoniati» - Vik Sohonie
Tornando alle session, ben presto ci si è resi conto che Jantra non era uno che si poteva far sedere in uno studio per registrarlo in maniera convenzionale. Praticamente privo di un repertorio stabile, è abituato a produrre dal vivo in modalità freestyle una musica che varia dai 155 ai 168 bpm, in funzione della reazione del pubblico: lo studio rischia di uccidere le sue vibrazioni, non c’è feedback.
E allora come riprodurre le improvvisazioni senza filtro di Jantra per creare un album strutturato? Ostinato ha trovato la risposta creando un approccio innovativo ribattezzato hybrid reissue contemporary album: in pratica la fusione tra la scarsa quantità di vecchie cassette e registrazioni digitali con nuove sessioni eseguite a matrimoni e feste private in cui il team della Ostinato l’ha seguito. Koite ha ideato una tecnica con cui ha estratto le singole melodie, i pattern e i dati MIDI dalle esibizioni pubbliche di Jantra e li ha combinati con le registrazioni più vecchie.
Questo processo è risultato molto lungo ma il risultato è sbalorditivo: tra l’altro, notando quanto futuristica la musica di Jantra suonasse, Koite ha deciso che anche la produzione dovesse esserlo, utilizzando strumenti di Intelligenza Artificiale per l’estrazione e il mixaggio.
Contemporaneamente la grafica della copertina dell’album incorpora un’estetica Afro-futurista. Disegnata dall’artista visuale Mahammed El Mekki, anche lui originario di Gadarif, è il tentativo di afferrare lo spirito di Jantra: il risultato è il contrasto delle antiche piramidi nubiane con palazzi futuristici, il celestiale e il terrestre. Labbra serrate intorno a una sigaretta, la testa volteggiante di Jantra è divisa in due, come a simboleggiare il dualismo del suo universo sonico.
Secondo Sohonie, questo album è solo l’inizio: «Lui ha altri album nella manica. In ogni concerto lui produce nuove melodie al volo. Mi ricorda Ronaldinho perché ogni volta che lo vedevi giocare a calcio, lo faceva in maniera diversa. È proprio come se avesse fatto freestyle per tutta la sua carriera, e Jantra sta facendo lo stesso».
La sensazione è che la musica elettronica globale stia muovendo in una direzione che sarà definita meno dall’Occidente e i maggiori centri urbani e più da regioni remote allo snodo di molteplici confini come quella di Fashaga. Probabilmente ci sono altri Jantra in giro per il mondo, solo che nessuno li conosce ancora. Se vogliamo scoprire dove il futuro della musica sarà plasmato, dobbiamo andare nelle varie Fashaga del mondo.
«I tempi sono davvero difficili, non ci si può muovere con facilità attraverso il Paese e ci sono molti meno concerti per me, ma la vita va avanti. Qui a Gedarif le cose sono più tranquille ma il mondo dovrebbe davvero pregare per il Sudan» - Jantra