Il meteo secondo Loraine James
La produttrice londinese in versione ambient con il progetto Whatever The Weather
“Produttrice da salotto”, stando a una sua definizione, la ventiseienne londinese Loraine James – che qui si presenta come Whatever the Weather – si era fatta notare con un paio di album targati Hyperdub, For You and I e Reflection, datati rispettivamente 2019 e 2021, nei quali fletteva in chiave sperimentale i codici sonori della club culture britannica – grime, dub, R&B e drum’n’bass, essenzialmente – ottenendo Intelligent Dance Music dal tasso di melanina più elevato rispetto agli standard correnti.
Alcune tracce estromesse dal secondo disco, essendo fuori tema, le hanno fornito lo spunto per questo progetto parallelo d’impronta meteorologica, come enuncia appunto l’intestazione Whatever The Weather (“Qualsiasi tempo faccia”), realizzato improvvisando in studio con le macchine e affidato quindi alla “spettrale” etichetta newyorkese, cui fa capo fra i tanti Joshua Eustis (Telefon Tel Aviv), incaricato nella circostanza del mixaggio.
I dieci episodi che lo compongono, insieme al bonus incluso nella versione digitale, sono contrassegnati da temperature su una scala termica cha va da zero a 36 gradi Celsius. Al punto più freddo corrisponde un’avvolgente costruzione ambient perturbata da una cadenza frammentaria: uno dei rari casi dove si percepisce del ritmo, qui relegato in prevalenza a funzione accessoria, benché risulti determinante nell’animare il paesaggio urbano a base di clacson, freni e vociare indistinto descritto in “17°C”.
Ecco poi a “30°C” una pulsazione nervosa preludere alla sorprendente performance vocale d’intonazione jazz della protagonista, che in passato aveva delegato in genere quel compito a interpreti ospiti e nell’occasione, invece, replica l’esperienza in “4°C”, deformando tuttavia l’esito allo scopo di allinearlo alle cupe distorsioni del sintetizzatore.
L’ascolto diventa più confortevole altrove, fra echi di pianoforte neoclassico (“14°C”), loop di organo in stile Riley (“10°C”) e sonorità quasi fusion (“6°C”), ma soprattutto in certi passaggi – tipo l’iniziale “25°C”, dalla consistenza liquida e cristallina, o il conclusivo “36°C”, reso diafano dal calore – che rievocano i “lavori ambient” esposti esattamente trent’anni fa da Aphex Twin.