Il klezmer racconta
L’incontro di Massimo Mazzoni e Christian Riganeli con la musica ebraica
La musica “racconta”. Racconta cosa? La musica racconta la musica: il fascino, la complessità, le persone, le melodie, le emozioni racchiuse nell’incontro dei due protagonisti di questo disco, Massimo Mazzoni e Christian Riganelli, con la tradizione klezmer. Che, già di per sé multiforme e ricca di stratificazioni, diventa stimolo per la composizione di brani originali di ispirazione klezmer, ideati per questo inconsueto duo sax fisarmonica da compositori contemporanei.
Quindi «il klezmer dopo il klezmer», come sottolinea Moni Ovadia nell’introduzione al disco, musica che si ispira allo stile di questa che è stata «simultaneamente world music, soul music e street music», nata nel territorio vastissimo dell’esilio ebraico che comprendeva tutto l’est Europa fino all’Asia, e poi nuovamente esiliata negli Stati Uniti.
Le dodici tracce – i dodici “racconti”- si rapportano in maniera diversificata con il linguaggio che le ispira; prevalgono le composizioni originali che lo declinano di volta in volta verso confini stilistici diversi, dal malinconico contrappunto a tre voci di "Mr Bach meets klezmer" al jazz di "Canto" e "Danza di strada" fino allo sperimentalismo di "Mayn yingele". Altri brani, sempre scritti per il duo, hanno un legame più esplicito con il repertorio tradizionale: vicina a un carattere popolare occidentale è "The Soul of the Yiddish Dance", mentre molto forti sono le evocazioni della musica balcanica in "Popular klezmer dance" e nella melodia trascinante di "Fattore K".
A questi si affiancano altri pezzi, i più belli e affascinanti, su standard della tradizione popolare, melodie lamentose elaborate con i tipici ostinati ritmici di accompagnamento, gli accenti irregolari e la continua mobilità agogica. A cominciare dalla traccia di apertura, "Der jeyser bulgar", una delle migliori della raccolta, fino al poeticissimo "The Blessing Nigun", al virtuosistico "Badeken die kallahe" a "Ballad for a klezmer". Sorprende in questo disco la varietà timbrica di cui sono capaci i due strumenti, protagonisti di atmosfere multiformi e suggestive. Strumenti tipici delle tradizioni non colte che qui sanno modellarsi con spontaneità e raffinatezza sullo stile variegato, sempre un po’ malinconico, della tradizione musicale ebraica.