Hercules & Love Affair, canzoni d’ambra
Nel nuovo album del progetto di Andy Butler, In Amber, brilla la voce di Anohni
Caso ha voluto che “Grace”, brano incaricato di fare da battistrada a In Amber, quinto album intestato a Hercules & Love Affair, uscisse il 24 febbraio: data d’inizio dell’invasione russa in Ucraina. “Viene l’alba di un giorno incerto, dovrai andartene, ma puoi ridere in faccia alla morte e al disastro se cerchi la grazia”, esordisce il testo, mentre intorno aleggia un’atmosfera argentea degna dei Goblin, dalla quale sboccia un groove malinconico modello New Order decorato da un campionamento di flauto simile a quello usato dagli Arcade Fire in “Everything Now”.
E a proposito di conflitti, poco dopo arriva “You’ve Won This War”, mesto madrigale che sembra rubato all’esoterico canzoniere folk dei Coil: “Hai vinto questa guerra deponendo le armi, la tua sottomissione, il tuo suono umile”, dicono i versi chiave.
In entrambi gli episodi è in voce il titolare del progetto: Andy Butler, DJ e produttore statunitense emigrato tempo fa in Belgio, mai impegnato in precedenza al microfono, avendo delegato quel compito ad altri. L’esempio più celebre rimane “Blind”, classico dance del 2008 interpretato in maniera squisita da Antony Hegarty, che – divenuta frattanto Anohni – ricompare qui da protagonista in sei tracce, una metà esatta del repertorio. Accade anzitutto sul ritmo incalzante di “One”, ombroso al principio per poi schiudersi in un epico ritornello da inno del Gay Pride.
Il suo timbro inconfondibile illumina angoli altrimenti oscuri, dall’ambientazione gotica di “Christian Prayers” (dove canta: “Quando muoio, non chiamate il paradiso, lasciatemi riposare nella terra, lasciate che mi decomponga”) all’arredo “industriale” di scuola Nine Inch Nails utilizzato tanto in “Contempt for You” quanto in “Poisonous Storytelling”, amara riflessione sulle narrazioni tossiche che dissimulano i guai dell’umanità (fra “disuguaglianza”, “gerarchie di razza e di sesso” e “crollo della biodiversità”, citando alla lettera).
In quei frangenti spicca particolarmente il contributo tambureggiante di Budgie, batterista di fiducia di Siouxsie Sioux e perciò indizio inequivocabile della deviazione in senso post punk dell’orientamento espressivo di Butler: “In Amber è un disco che non sapevo di avere dentro”, ha confessato preliminarmente. Altrettanto insolito è – all’opposto – il carattere elegiaco di “Dissociation”, ballata crepuscolare affidata alla cantante islandese Elin Ey, con un guizzo di fierezza LGBT a squarciare le tenebre: “Siamo i colori in questo mondo dalle tonalità grigie”.
Partendo dalla Grazia e arrivando al Pentimento, cui è consacrato appunto l’ultimo pezzo in sequenza, il percorso iniziatico compiuto dall’Ercole Innamorato è avvincente all’ascolto, nonostante l’umore mediamente fosco e alcune ampollosità di troppo. Basterebbe la preghiera laica elevata da Anohni in “Who Will Save Us Now?” a mondare comunque l’opera da qualsiasi peccato.