Emozioni (quasi) senza parole
Gli scozzesi Mogwai si confermano punta di diamante del post rock europeo
A 20 anni esatti dal disco d’esordio dei Mogwai, Young Team, la formazione scozzese ha scelto di tornare a lavorare con il produttore statunitense Dave Fridmann, che le fu accanto in occasione dei seguenti Come On Die Young (1999) e Rock Action (2001). Questo non significa un ritorno alle origini, quando l’assetto essenzialmente elettrico del suo linguaggio musicale contribuì a tracciare i contorni del “post rock” in chiave europea. Every Country’s Sun – eseguito integralmente durante un secret show al “Primavera Sound” di Barcellona il 2 giugno scorso – si allinea da quel punto di vista ai lavori recenti, in particolare Rave Tapes (2014) e la colonna sonora del documentario Atomic, Living in Dread and Promise, dove la classica interazione fra ritmica e chitarre veniva guarnita dalle trame armoniche del sintetizzatore. Esemplare è qui il brano iniziale, “Coolverine”: aperto da un malinconico arpeggio elettronico al quale si sovrappongono via via gli altri strumenti, sfociando in un crescendo austero e solenne.
Al solito, il marchio di fabbrica della band è definito dalle variazioni nella dinamica e nell’intensità del suono: lo dimostra la progressione che caratterizza “20 Size” e “Don’t Believe the Fife”, due tra gli episodi migliori della raccolta. Agli estremi della gamma stanno l’ambient quasi accademica di “Aka 47” e l’impeto massiccio di “Old Poisons”, prossimo al confine dell’hard rock. Della dozzina di tracce, solo un paio è animato dalle voci (altra prerogativa tipica dei Mogwai, da sempre votati in larghissima prevalenza alle composizioni strumentali): “1000 Foot Face” è un madrigale diafano e sommesso, mentre in “Party in the Dark” una melodia pop si adagia su un traino di basso e batteria di scuola post punk in modo tanto inopinato quanto gradevole. Nell’insieme, il nono album della serie (tenendo fuori dal conto live, antologie e musiche per il cinema) consolida la reputazione di un gruppo che, tornato a essere – com’era inizialmente – un quartetto, dopo aver espanso l’organico fino a sei elementi, pare abbia raggiunto uno stato di perfetto equilibrio stilistico ed emotivo. Lo si potrà verificare dal vivo a ottobre, assistendo a uno dei concerti in programma a Milano (27), Roma (28) e Bologna (29).