Domo Emigrantes, il Mediterraneo progressivo
Terzo disco per i Domo Emigrantes, sulla scia della "musica mediterranea"
Nati nel 2009 e dunque – a dispetto della giovane età – ormai prossimi al decennio di attività, i Domo Emigrantes sono per loro stessa definizione un gruppo di “musica mediterranea”.
“Musica mediterranea”, come molte etichette di questo tipo, vuol dire tutto o niente. Eppure, in questo caso, è facile riconoscere uno sguardo musicale informato e attento su quella che è ormai una tradizione, un genere musicale con sue convenzioni e punti fermi. La “musica mediterranea” così intesa, più che alludere a una qualche provenienza geografica specifica, è allora quella musica fatta di bouzouki e strumenti a corde doppie, percussioni tipo darbouka e djembé, cantata in più lingue, con arrangiamenti raffinati e spesso “prog”, che poco hanno a che fare con le ipotetiche origini filologiche di questo o di quello strumento popolare.
Un identikit che descrive infiniti dischi, da Creuza de Mä a Làntias di Elena Ledda a – appunto – questo Aquai, terzo lavoro dei Domo Emigrantes dopo l’esordio omonimo del 2011 e Kolymbetra del 2015. Aquai, appunto, non si inventa niente: ma rassicura che si possa ancora fare musica su questa linea che sia fresca, originale, ben suonata, ben prodotta e ben suonata da bravi musicisti. A volte – se una critica si può muovere ai Domo Emigrantes – persino troppo suonata: le 9 tracce di Aquai filano via tra continui cambi di atmosfera e di tempo, tra incastri ritmici che rivelano una grande padronanza tecnica e delle ottime idee compositive… con i sei musicisti dei Domo Emigrantes che a volte, qui e là, buttano sul tavolo delle perle che poi si smarriscono senza più riapparire. I temi belli e memorabili, quelli che ti fanno rimettere la canzone da capo – insomma – non mancano, ma a volte bisogna andarseli un po’ a cercare: lo splendido inciso di violoncello che compare a metà di “La fuga della tarantola”, l’apertura di zampogna nella coda di “Sal’entu”, la filastrocca finale di “Aquai”…
In ogni caso, un bel disco: fra le tracce migliori, la title track conclusiva (ospite Arsene Duevi) e “Sal’entu”, cover molto rielaborata dal repertorio di Andrea Parodi passata per il Premio Parodi 2016, che già allora aveva convinto per la capacità di mischiare idee e temi musicali. In quell’occasione i Domo Emigrantes si aggiudicarono anche il Premio della Critica, meritatamente.