Creation Rebel, 40 anni dopo

Un altro grande ritorno alla corte di Adrian Sherwood

Creation Rebel
Foto di Jeff Pitcher
Disco
pop
Creation Rebel
Hostile Environment
On-U Sound
2023

Il 2023 è l’anno dei grandi ritorni in casa On-U Sound: dopo quello di African Head Charge, è ora la volta di Creation Rebel, gruppo storico a geometria variabile delle etichette (Hitrun prima e la già citata On-U Sound poi) create da Adrian Sherwood.

– Leggi anche: Horace Andy alla corte di Adrian Sherwood

Sei album tra il 1978 e il 1982 e poi il silenzio, finalmente interrotto da Hostile Environment, 11 brani organizzati da due dei tre membri originari, vale a dire Magoo alle percussioni e voce e Charlie “Eskimo” Fox alla batteria e voce, mentre le chitarre sono affidate a Crucial Tony.

Il gruppo impiegato dai cantanti reggae (uno tra tutti Prince Far I) come backing band durante i tour in UK e come house band da Sherwood per le produzioni delle sue etichette, che colmò il divario tra il punk e il reggae dividendo il palco coi Clash e le Slits, è tornato con un album che suona già come un classico, con tutti i segni distintivi delle produzioni vintage marchiate On-U Sound ma allo stesso tempo con suoni assolutamente attuali: come ha efficacemente titolato The Guardian, “More delay! More reverb!”.

Harlesden

 Hostile Environment, ambiente ostile: così furono definite le politiche messe in atto nel 2012 dall’allora UK Home Secretary, e più tardi Prime Minister, Theresa May e promosse ulteriormente dai suoi successori, facendo riferimento, secondo quanto riportato, all’immigrazione illegale. Queste politiche sfociarono nel 2018 nel Windrush Scandal (di cui abbiamo già scritto qui, parlando della storia della Trojan Records), in cui a migliaia di cittadini britannici di origini caraibiche furono negati i diritti basilari – quello di poter lavorare, di poter accedere ai sussidi e alle cure mediche – e imprigionati e poi espulsi.

Tali politiche, verosimilmente, spianarono la strada all’atteggiamento e alla retorica sempre più di destra del Partito Conservatore. 

«L’ambiente in cui siamo cresciuti era davvero un ambiente ostile. Io fui attaccato con un martello a London W9 quando avevo sette o otto anni e abbiamo combattuto ogni giorno anche solo per camminare per strada, sentendo continuamente “Negro bastardo!”. Questo è ciò che abbiamo affrontato negli anni Sessanta, quindi immagina attraverso cosa hanno dovuto passare i miei genitori» – Ranking Magoo in un’intervista concessa a David Katz, uno dei massimi esperti di reggae, e pubblicata da "The Guardian"

Gli 11 brani sono divisi tra canzoni e strumentali, incluse – e non potrebbe essere diversamente – dosi massicce di dub. Tra gli strumentali, le esplosioni dei fiati di “Stonebridge Warrior” – già conosciuto perché incluso nella compilation Pay it All Back Vol. 8 -, brano “guidato” da una melodica in stile “Far-East”, quello per intenderci reso celebre da Augustus Pablo, richiamano alla memoria la potente “Warrior Charge” degli Aswad, mentre la strafusa e psichedelica “That’s More Like It” mette insieme melmosi trucchi da studio di registrazione con un wah-wah selvaggio, come se King Tubby sfidasse Jimi Hendrix.

 “Jubilee Clock” è in maniera simile trattata, distorta, filtrata e sincronizzata, il suo ritmo è radicalmente de- e ri- costruito, lasciandoci in bocca il classico sapore delle sperimentazioni di inizio anni Ottanta targate On-U Sound. “Salutation Gardens” ha delle sequenze sinistre e un organo che gioca su una melodia che a me ricorda quella immortale di “Love Will Tear Us Apart”.

 “Crown Hill Road” ha un andamento più leggero, anche se la sua melodia è nuovamente sintetica, quasi space age. I beat lenti ma continui di “Off The Spectrum” – brano malinconico che mi fa venire in mente i Massive Attack – comunicano una sensazione vicina alla spossatezza, ma anche una ferma determinazione: il rifiuto di smettere. 

Due delle canzoni incluse in questa raccolta sono caratterizzate dalla presenza di “Voice of thunder”, il defunto Prince Far I, la cui uccisione nel 1983 decretò la tragica fine dei Creation Rebel. Il fatto che queste due canzoni, “Swiftly (The right one)” e “This Thinking Feeling”, risaltino in modo particolare serve a puntare il riflettore su quanto lui fosse importante e su che vuoto abbia lasciato la sua scomparsa.

La prima è uno skank oscuro e angoscioso, punteggiato dai synth in tonalità alte e dal ruggito rauco e cavernoso del Principe. 

 La seconda, un duetto postumo con Daddy Freddy, dà una strigliata a “Mr. Chatterbox”, vale a dire quella macchietta che indulge in futili pettegolezzi: un vibrante promemoria del proverbio “loose lips sink ships”, che possiamo tradurre più o meno con “una lingua lunga fa affondare le navi”, ovvero parlare troppo di segreti militari in pubblico può mettere a rischio le operazioni collegate. 

 “The People’s Sound”, tributo al West London Sound System operator nonché proprietario di un negozio di dischi Daddy Vego – fonde un groove perfetto per un grounation, un incontro rasta, con riff di chitarra acida, mentre il testo inneggia alla lotta ribelle. “Under Pressure” e “Whatever It Takes” accennano a una linea reggae più regolare rispetto a ciò che molti si aspettano da una produzione di Sherwood, alla fine risultando un crossover, un tentativo di raggiungere un pubblico più vasto.

In ogni caso il suono della On-U gioca in un campionato a parte, con una ricchezza e una separazione di suoni che sono davvero uniche e, soprattutto, mai superate. 

Adrian Sherwood ha collaborato al canto del cigno dello scomparso Lee “Scratch” Perry e, probabilmente, di Horace Andy, e quest’anno ha rivitalizzato African Head Charge e adesso Creation Rebel: non so voi, ma io gli voglio bene e, soprattutto, lo ringrazio.

P.S. Creation Rebel: secondo voi da dove arriva questo nome? Da questa meraviglia.

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