Chi è Yves Tumor?
A due anni di distanza dal precedente Serpent Music, ecco Safe In The Hands of Love dell’enigmatico Yves Tumor, il 3 novembre a Club to Club
Yves Tumor si chiama in realtà Sean Bowie (ma non ne siamo sicuri), non si sa quanti anni abbia (a naso una trentina), è nato a Miami (forse) ma cresciuto in Tennessee, dice di aver abitato per un certo periodo a Torino (la mia città, ma non l’ho mai incrociato). L’unica cosa certa è che a Torino venne lo scorso anno, all’interno di Club to Club (dove tornerà quest'anno), ma io riuscii colpevolmente a perdere la sua esibizione (ma tra un mese conto di rimediare). A ben pensarci la sua riservatezza è molto torinese e allora forse è vero che per un po’ ha abitato sulle rive del Po.
Nero e omosessuale in Tennessee (auguri!), Yves comincia a fare musica all’età di diciassette anni come risposta all’ambiente razzista, omofobo e conservatore, in cui è cresciuto: non ci stupiamo quindi se spesso le sue canzoni ci restituiscono un’immagine così fragile (o, per reazione, così aggressiva) e vulnerabile della sua personalità.Se col disco precedente ce lo ricordavamo alle prese con un genere che si è soliti catalogare come experimental, il nuovo lavoro ci consegna un Tumor più accessibile, pur conservando una marcata ambiguità come cifra stilistica. La sua continua a essere una musica complessa, all’interno della quale è difficile districarsi, ma, a differenza di Serpent Music, questa volta ci sono indicate delle vie d’accesso al complicato nonché incasinato mondo musicale dell’artista statunitense.
I generi sono mischiati, annullati, ricreati solo per essere nuovamente superati; si passa dal lo-fi boogie alla trap sperimentale, dall’ambient a certe sonorità britanniche in voga negli anni Ottanta, dalla techno analogica di “Honesty” a “Noid”, una delle vette della raccolta, una denuncia della brutalità poliziesca con una struttura che può richiamare alla mente alcuni episodi degli Avalanche, per poi dare spazio al trip-hop maliconconico e sexy di “Licking An Orchid”, in compagnia di James K.
L’Yves Tumor che conoscevamo non è scomparso e lo ritroviamo nel R’n’B destrutturato di “Economy Of Freedom”, nel feedback al calor bianco di “Hope In Suffering”, e nelle sciabolate di rumore nero e di rumore bianco che improvvisamente fanno capolino qua e là.
Il disco si chiude con i cinque minuti e mezzo del tornado elettronico di “Let the Lioness in You Flow Freely”, un campionamento di cinque secondi di un brano pop degli anni Ottanta e poi il silenzio.
I generi sono morti e Safe In the Hands of Love lo ribadisce con forza: questo disco è soltanto una delle mille sfaccettature di Yves Tumor, un artista sfuggente, impossibile da catalogare. Aria fresca in questo particolare momento culturale.