Basinski suona i buchi neri
Il nuovo disco di William Basinski, On Time Out of Time, in cui il compositore manipola le tracce acustiche di eventi cosmici di un miliardo di anni fa
Da sempre William Basinski pone al centro della propria ricerca musicale le nozioni di tempo, spazio e memoria, unificate da una visione malinconica dovuta al processo entropico di decadimento delle cose e delle persone (in questo simile alle conclusioni espressive raggiunte da James Leyland Kirby con lo pseudonimo The Caretaker).
Lo dimostrano la serie Disintegration Loop (sorta di requiem accidentale per l’11 settembre, ripreso a metà febbraio dalla Chicago Philharmonic Orchestra, sotto la direzione di Emanuele Andrizzi, e in passato dall’Orchestra Sinfonica della Radio Nazionale Polacca), A Shadow in Time (che commemorava David Bowie a un anno dalla morte) e il recente album insieme all’australiano Johnny English Selva oscura, dall’evidente ispirazione dantesca, dedicato al filmmaker Paul Clipson, da poco scomparso.
Il nuovo disco On Time Out of Time sposta l’orizzonte di Basinski ancora più in là, essendo frutto del lavoro svolto dal cinquantanovenne compositore statunitense, in origine clarinettista di formazione accademica, per le installazioni ER=EPR e Orbihedron degli artisti Evelina Domnitch e Dmitry Gelfand destinate alla mostra Limits of Knowing, allestita nel 2017 al Martin-Gropius-Bau di Berlino. Nell’occasione, allineandosi al concept delle opere, Basinski ha impiegato quali fonti sonore le tracce acustiche della fusione di due giganteschi buchi neri avvenuta un miliardo e 300 milioni di anni fa, captate dagli interferometri dell’osservatorio astronomico LIGO, ossia l’eco delle onde gravitazionali pronosticate da Albert Einstein e confermate empiricamente dal team guidato dagli scienziati Kip Thorne e Barry Barish, per questa ragione insigniti del Nobel per la Fisica nel 2017.
L’elaborazione di quei materiali da lui compiuta ha generato paesaggi di vastità siderale, in particolare nella suite omonima, lunga quasi 40 minuti: come fosse colonna sonora di una deriva nello spazio, fra spleen cosmico ed enigmatica maestosità. Completa la raccolta il più conciso “4(E+D)4(ER=EPR)”, eseguito dal vivo nella citata area espositiva di Kreuzberg: immersione in un habitat ambient soffice e avvolgente, affine alla sensibilità del padre fondatore Brian Eno.