Baba Sissoko, il ritorno del blues mediterraneo

Il Mediterranean Blues di Baba Sissoko è diventato un progetto, e ritorna in un nuovo disco per Caligola

Baba Sissoko Mediterranean Blues
Disco
world
Baba Sissoko Mediterranean Blues
Mali Music Has No Borders
Caligola Records
2020

Succede a volte che il titolo dato a un progetto, a un disco, a una serata particolare finisca per imporsi per forza propria, perché capace di radicarsi sotto quel “common ground” culturale che tutti frequentiamo. Una volta forte di una propria riconoscibilità, quel titolo diventa familiare e sommamente comunicativo: in altre e più semplici parole, funziona. Se pensate a uno come Baba Sissoko, gran signore della pentatonica maliana, griot e figura (anche fisica!) di una sua ragguardevole imponenza, accostare a quel nome che ritroviamo così spesso in musica un progetto che si intitola come un suo disco di tre anni fa, Mediterranean Blues, sembra quasi cosa naturale.

– Leggi anche: Baba Sissoko, blues afro-mediterraneo

Ovviamente, invece, c'è stato un percorso che ha consolidato elementi, ne ha accantonati altri, ha dato struttura e flessibilità a quanto ci raccontano le storie belle di certa world music da almeno un trentennio. Ci raccontano che il Mali e stati attorno, ma facendo centro su quel magnifico e sfortunato paese che oggi non si merita i predoni fondamentalisti, che fu cuore pulsante delle vie carovaniere e culturali del Nord Africa, la cellula germinatrice del blues ce l'ha dentro. E che ogni volta che sentiamo un'inflessione calante, un pitch d'intonazione funzionale all'espressione di quel momento, e non alle regole del suono “ben temperato”, il “blues mediterraneo” c'entra molto.

Che poi si chiami rebetiko, morna, pizzica tarantata o canto a kitera poco conta. Conta la matrice originaria. Ingentilita, a sua volta, dall'influenza melismatica delle culture islamiche nella loro prima espansione in Nord Africa. A questo punto entra in gioco anche il titolo del «La musica del Mali non ha frontiere». Più chiaro di così. Come dire: occhio che il viaggio non è stato solo di andata, è una tessitura infinita di andate e ritorni. Complice ovviamente una popular music stratificata che da lì ha attinto, e lì “riporta tutto a casa” per dirla con Bob Dylan.

Qui troverete un suono spesso, gonfio di strumenti, ad avvolgere la voce calda del griot con base calabrese, ormai: tama e ngoni dal titolare della registrazione, clarinetto, tastiere, armonica,violino, chitarra elettrica, batteria e percussioni, ed anche la voce da rapper di Tiger, Roberto Madou Sissoko. Un ensemble di grande potenza, ma assai flessuoso, che sembra avere una sorta di horror vacui nella condotta sonora, saturando ogni spazio in un unico flusso che parte dall'amadran maliano, ma trova echi nel reggae, nel rock con lampeggianti aperture psichedeliche, nel jazz rock stratificato e poliritmico.

Temi ”caldi” nei testi (e non poteva essere altrimenti, da un vero “cantastorie”), la possente dolcezza della lingua bambara, e in coda due riusciti remix. Un altro centro, insomma, anche se per vedere su un palco il maestro “afro-calabrese”, come dice lui, ci vorrà tempo. E pazienza strategica anti-virus.

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