Arca diva mutante
Il manifesto “avant-pop” dell’artista venezuelana Arca nel nuovo, "clamoroso" album KiCk i
Poniamo che non sappiate niente di Arca: quale idea ve ne fareste osservando la copertina del suo nuovo lavoro, dove sembra Sandra Bullock in Crash di Cronenberg da Ballard? A scanso di equivoci, prendiamo quindi nota di quanto afferma con spavalderia nella dichiarazione d’intenti iniziale, “Nonbinary”: “Faccio quello che voglio quando voglio (…) Non me ne frega un cazzo di cosa pensate, non mi conoscete (…) Sono speciale, non mi potete definire altrimenti”.
Chi invece ha già dimestichezza con il personaggio non si stupirà affatto: Arca è sinonimo di mutamento, in qualsiasi senso. Anzitutto anagrafico e sessuale: dal 2018 è diventato Alejandra, da Alejandro che era, completando un processo di metamorfosi reso pubblico in rete per mezzo di Instagram. A ciò è corrisposta una transizione musicale che dal radicale sperimentalismo degli esordi, talmente peculiare da attirare l’attenzione dell’influentissimo Kanye West, l’ha portata sin qui, transitando nel 2017 da un album – semplicemente Arca – in cui veniva a patti con le proprie origini venezuelane, esponendosi compiutamente in voce per la prima volta.
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KiCk i è dunque punto di approdo, ma anche atto inaugurale di una quadrilogia attraverso cui Arca intende esplorare singoli aspetti dell’ispirazione: nell’occasione l’inclinazione “pop”. Va da sé che l’interpretazione del canone rifugge ogni genere di convenzione, aprendo uno stupefacente ventaglio di possibilità segnato agli estremi, rispettivamente, da elegie diafane e struggenti, tipo “Calor” o, in chiusura di sequenza, “No Queda Nada”, e da un suono elettronico angoloso e spasmodico come quello di Aphex Twin, in “Riquiqui” e “La Chiqui”, con un cammeo della scozzese SOPHIE, altra creatura “non-binaria”. Ecco una novità rilevante: mai in precedenza aveva accolto ospiti su disco. Nella circostanza troviamo viceversa alcune lucenti stelle femminili, a cominciare da Björk, che la considera «musicista gigantesca», dopo la collaborazione del 2015 per Vulnicura: la ascoltiamo cantare in spagnolo, con inimitabile slancio lirico, in “Afterwards”. E c’è poi la giovane diva catalana Rosalía, protagonista dell’epico duetto a ritmo di reggaetón “KLK”.
Su cadenze analoghe si muove “Mequetrefe”, che prende titolo da un’espressione equivalente al nostro “buono a nulla”: insulto ricorrente durante l’adolescenza a Caracas, quando era bersaglio dei bulli.
Strada facendo, in seguito, s’intercettano sia l’eco della trap, in “Watch”, complice la londinese Shygirl, sia il riverbero dell’R&B contemporaneo, nel seducente “Machote”, mentre apice pop della raccolta è “Time”, in ammirevole equilibrio fra emotività e astrattismo.
Varcata la soglia dei trent'anni, Arca esibisce una personalità artistica straordinaria, tale da valerle tanto la cover story nel penultimo numero della bibbia avant-garde “The Wire” quanto il diritto di cittadinanza da primadonna nei party di “Vogue”: status confermato dall’entità di KiCk i, opera clamorosa nell’accezione etimologica del termine.