Amber Mark, pop-soul in technicolor
Tra sci-fi e teorie astrofisiche, R’n’B ed eleganza pop, ecco finalmente l’album d’esordio di Amber Mark
Tra sci-fi e teorie astrofisiche, R’n’B ed eleganza pop, ecco finalmente l’album d’esordio di Amber Mark, la cui carriera discografica ebbe inizio nel 2017 con il mini-album 3:33 AM, a cui fece seguito nel 2018 l’EP Conexão, che conteneva, tra le altre canzoni, la cover di “Love Is Stronger than Pride”, che ottenne l’approvazione della stessa Sade.
Per Amber Mark – cantante, autrice nonché produttrice originaria del Tennessee e residente a New York –Three Dimensions Deep è anche un’immersione all’interno di sé stessa: identificazione delle proprie insicurezze, lavoro sulle parti più “incasinate” dell’auto-scoperta e chiusura col raggiungimento di un passabile senso di auto-stima. Un esordio che si è concretizzato addirittura in 17 canzoni, con una durata che supera di poco l’ora e che costringe anche noi a un’immersione.
«Ti guardo nel letto, fai fatica a respirare, sapevo che sarebbe finita in questa maniera, l’ho detto per tutto il tempo ma tu mi dicevi che stavi bene»: cominciava così “Monsoon”, brano incluso nel mini-album d’esordio e dedicato alla madre Mia – di origine tedesca, mentre il padre è nato in Giamaica -, scomparsa nel 2013.
La madre – pittrice di thangka, una forma d’arte ispirata dal buddismo tibetano – ha portato la figlia a vivere con sé a Miami, Berlino e New Delhi, città che hanno influenzato la musica di Amber, e anche questo album scoppia di influenze in technicolor. Il primo esempio risale a nove mesi fa quando arrivò “Worth it”, singolo poi entrato a far parte dell’album: «Noi siamo i nostri critici peggiori e a volte i più duri nei nostri confronti. Ho scritto questa canzone come un mantra per me stessa allo scopo di elevare il mio spirito in quelle situazioni in cui mi sento senza valore. Se qualcuno vi ha sminuito o se l’avete fatto con voi stessi, questa canzone vuole aiutarvi a tirarvi di nuovo su e ricordarvi quanto siate meritevoli di felicità», queste le parole che Amber ha usato per introdurre il video della canzone su Youtube.
La figura della madre ritorna in “One”: su un tappeto sonoro quasi hip-hop e ricco di campionamenti soul Amber si rivolge direttamente a lei affermando «Io non so se ce la farò mai, ma in ogni caso voglio che tu sia orgogliosa di me, lassù. Non dimenticare che non mi arrenderò mai»: una vera dichiarazione di intenti all’interno del brano giustamente posizionato all’inizio dell’album.
Tra spiritualità e scienza quantica il disco si snoda liscio come il velluto, un flusso continuo di suono, all’interno del quale traspare una notevole complessità che trova il suo punto focale nella voce espressiva e sanguigna di Amber. Però alla fine questo flusso continuo risulta un po’ piatto, non emergono canzoni particolari; insomma, bisogna ascoltarlo interamente, non ci si può immergere qui e là. In realtà, dopo qualche ascolto, brani come “Healing Hurts”, “Out of this World” e “Foreign Things” riescono ad affiorare rispetto agli altri.
Probabilmente 17 canzoni sono troppe – io una sforbiciata l’avrei data –, anche se mi rendo conto che, visto che gli argomenti del disco sono il ritorno alla fiducia in sé stessa e la crescita costante, ogni singola canzone è importante per la sua creatrice.
Amber Mark ha un indubbio talento, deve solo capire come indirizzarlo al meglio: teniamola d’occhio, potrebbe davvero valerne la pena.
«Three Dimensions Deep è un viaggio musicale intorno alle domande che tu inizi a porti quando cominci a guardare all’universo in cerca di risposte. Io posso solo arrivare fino alla terza dimensione, che poi è come noi vediamo il mondo, ma cosa succede quando cominci a guardare all’universo interiore in cerca di risposte?»