Agricantus, ritorno in viaggio
Akoustikòs vol. I è il nuovo disco degli Agricantus, che tornano in nuova formazione
Una bella citazione dal grande Josè Saramago accompagna questo inatteso ed ennesimo ritorno per una delle band che hanno forgiato la world music italiana abbondantemente speziata di aromi mediterranei – e non solo, ovvero gli Agricantus. Scriveva il poderoso autore portoghese: «Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre».
Così è andata per gli Agricantus, che all’anagrafe delle musiche di contaminazione fanno registrare sulla carta d’identità un significativo e lontano 1979 come primo nucleo d’aggregazione di musicisti del giro palermitano, ancora sulle piste di un folk revival che prendeva spunto da Rosa Balistreri, Taberna Mylaensis, Ignazio Buttitta, e poi, a partire dal 1993, una lunga e tormentata storia discografica, a partire dal notevole Gnanzù. Agricantus, dopo molti avvicendamenti d’organico e anche qualche spiacevole contrapposizione tra band nate dal medesimo nucleo, oggi è formato da Mario Crispi ai fiati e Mario Rivera alle corde, dal primissimo gruppo, Giovanni Lo Cascio alle percussioni, e il nuovo acquisto alla voce, Anita Vitale, ugola messinese (ma anche pianista e percussionista) formatasi alla scuola di Maria Pia De Vito e con molti altri importanti jazzisti, ascoltata anche con l’Orchestra Made in Sicily e con i Sud MM. Una figura senz’altro in grado di sostenere l’affascinante e stratificato percorso sonoro della band, spesso assai impervio anche in forza dei molti spazi lasciati alle timbriche umane nei momenti più “ambient”.
Il titolo del nuovo lavoro non è da intendersi alla lettera: è un lavoro dal respiro e dal passo sostanzialmente acustico, ma qui e là compaiono tracce di altri suoni. E veniamo alla citazione da Saramago: Akoustikòs vol. I (a lasciar intendere che il percorso continuerà anche in questa direzione) ripercorre la lunga storia di Agricantus, dando nuove e ben ponderate vesti a undici brani che hanno fatto parte della storia delle “nuove musiche” mediterranee in Italia. Ci sono anche, per intendersi, "Istanbul Uyurken", che molti ricorderanno nel premiatissimo Hamam. Il bagno turco di Ferzan Ozpetek, e "Sentu", da Felicia Impastato di Gianfranco Albano. Un bel lavoro, che per molti versi mette un significativo “punto a capo” di una vicenda troppo preziosa per perdersi solo nei rivoli di memorie precarie.