I numeri parlano chiaro: in dodici anni di lavoro come direttore dell'Opéra Royal de Wallonie-Liège, Stefano Mazzonis di Pralafera ha azzerato, ormai quasi, tre milioni di euro di debiti ereditati e portato l’Opera di Liegi a record di pubblico (nel 2018, per l’opera sala riempita al 99% in media). E di prestigio: basti pensare che nella prossima stagione Anna Netrebko, insieme al marito Yusif Eyvazov, daranno il loro primo recital in Belgio proprio qui, e lo stesso sarà per la nuova stella che tutti vogliono, il soprano sudafricano Pretty Yende.
Un cartellone 2020/21 che si aprirà il 13 settembre con una nuova produzione di Madama Butterfly, in collaborazione con la Fondazione Festival Pucciniano Torre del Lago, sul podio il suo direttore musicale stabile Speranza Scappucci, con Svetana Aksenova considerata tra le migliori Cio-Cio-San di oggi, regista lo stesso Mazzonis.
La stagione vede altri cinque nuovi allestimenti, tra cui spicca un Don Carlos nella prima versione francese lunga, regia di nuovo di Mazzonis, diretta da Paolo Arrivabeni, nei ruoli principali Gregory Kunde e Ildebrando D’Arcangelo; una rarità, Alzira, che sarà diretta dal maestro Gianluigi Gelmetti, specialista delle composizioni giovanili di Verdi, con la regia del peruviano Jean Pierre Gamarra; una Sonnambula che si preannuncia «molto fluttuante ed immaginifica» firmata Jaco Van Dormael; poi una Orphée et Eurydice in collaborazione con l’Opéra Comique e, infine, una nuova produzione della Lakmé di Delibes. Ma da citare anche il Candide di Bernstein che sarà proposto in forma semiscenica il prossimo novembre.
Abbiamo incontrato Stefano Mazzonis di Pralafera per qualche approfondimento sulla nuova stagione.
Direttore, quali sono i fattori chiave del suo successo all’Opera di Liegi?
«Innanzitutto la filosofia delle opere nel senso di una programmazione che piaccia al mio pubblico: io dico sempre che bisogna avere rispetto del pubblico; poi il livello artistico dei cast, e i prezzi molto democratici. Ci sono tante opere che amo, ma che so che qui non potrebbero funzionare, almeno non adesso, forse fra qualche anno. Sono stato il primo qui a proporre Cimarosa, qui abbiamo realizzato la prima mondiale della Gazzetta di Rossini, la Jérusalem di Verdi, quest’anno l’Alzira. Sono opere rare, ma poi ci vuole anche una programmazione che siamo sicuri il pubblico apprezzi».
Com’è nata l’idea di riportare in scena l’Alzira, opera creata per il San Carlo Napoli ma poi dimenticata?
«L’avevo sentita da giovane ed è un’opera bellissima, molto ben scritta, ha un’orchestrazione raffinatissima, soprattutto nel secondo atto, e poi ha arie stupende e un magnifico concertato: Ci sono delle opere che non si capisce perché siano state messe da parte. Per caso infine ho trovato due teatri che volevano farla: il Teatro nazionale del Perù, dato che tratta del popolo Inca, e l’associazione Abao-Olbe di Bilbao».
Si dice spesso l’Opera di Liegi è molto “italiana”, ma negli ultimi anni è parecchio cresciuta le presenza di artisti belgi. Ha lanciato ad esempio il soprano Jodie Devos che nella nuova stagione ritroveremo nel ruolo titolo in Lakmé con un cast quasi interamente belga.
«La mia programmazione è italiana nei titoli, non per i cantanti, ma d’altra parte il 70% delle opere che ancora oggi sono messe in scena nel mondo sono italiane, questa è la realtà».
Perché l’Opera di Liegi non commissiona nuove opere a nuovi compositori?
«Non è la mia vocazione, non l’ho mai fatto salvo un po’ a Bologna, ma trovo difficilissimo scegliere tra i nuovi, io preferisco andare alla riscoperta. Lo lascio fare ad altri teatri che hanno più competenza di me».
A proposito di preferenze, la Netrebko e la Yende hanno scelto Liegi per il loro primo recital in Belgio, e ci sarà anche il recital di Idebrando d’Arcangelo. Per non parlare della vostra Orchestra che il 7 gennaio è stata invitata dal Theatre des Champes-Elysées per accompagnare dei duetti d’amore.
«É un onore e un prestigioso riconoscimento della qualità artistica raggiunta delle nostre masse, forse qualche ragione ci sarà... non voglio aggiungere altro».
«In Italia il livello del debito di alcuni teatri è una follia, tutto il sistema nel suo complesso va rifondato».
Come appare l’Italia dell’opera vista da Liegi?
«In Italia si fanno riforme su riforme ma non si riesce a trovare la quadratura del cerchio. Il livello del debito di alcuni teatri è una follia, tutto il sistema nel suo complesso va rifondato: non si può tenere aperti dei teatri facendoli produrre cosi pochi spettacoli e le sale devono essere piene, o quasi».