È dedicato a Santa Maria del Fiore, al Battistero di San Giovanni, all’intero corpus dei tesori del Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, il primo volume di una nuova e preziosa collana di iconografia musicale, intitolata Sonus, nata con gli auspici della Pontificia Università Gregoriana, che ha tra i suoi docenti la curatrice della collana Barbara Aniello. Questo Sonus 1 – Firenze è un volume corposo (254 pagine, edito da Centro Di, Firenze) come si conviene alla qualità e quantità del materiale fiorentino in oggetto, e certo si è avvalso degli spunti di studiosi attivi a Firenze, come Monsignor Timothy Vernon e Gabriele Giacomelli, che da decenni si occupano di questo particolare patrimonio.
Dopo di che, la collana ha in programma i volumi dedicati all’analisi dell’iconografia musicale (in senso lato: strumenti, prassi, situazioni, visioni) presente nelle opere alla Pinacoteca Vaticana, al Museo Archeologico Nazionale Etrusco di Viterbo, alla Galleria Nazionale di Perugia, alla Galleria di Palazzo Abatellis di Palermo, al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, alla Pinacoteca di Brera di Milano, alla Galleria d’arte moderna e contemporanea di Bergamo, alla Galleria Borghese di Roma, ai Musei Civici di Padova, al Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia. Barbara Aniello, che firma nell’introduzione un saggio davvero affascinante, Musa mu(sic)a: tra i suoni, i silenzi, ha coordinato il team di giovani studiosi della Gregoriana e altri contributori, che hanno scritto i saggi e le schede relative ad ogni “pezzo”. Pezzi che esprimono una grande ricchezza di produzioni e tecniche, arti maggiori e minori: affreschi, mosaici, vetrate, sculture, le famose cantorie di Donatello e Luca Della Robbia, le formelle marmoree o in bronzo dorato per il Campanile di Giotto e per le porte del Battistero, e ancora miniature, arazzi, paramenti, decorazioni d’altare e d’organo.
«…Questo itinerario nell’iconografia musicale lo si può seguire guardando le opere […].Ma gli si affianca anche un percorso sonoro, grazie all’applicazione, scaricabile con un QR code compreso nel volume, che permette di ascoltare una riproduzione storicamente informata del suono dei vari strumenti rappresentati...»
Questo itinerario nell’iconografia musicale lo si può seguire guardando le opere, fra Museo dell’Opera (dove attualmente sono conservati gli originali di capolavori come le due cantorie e le porte del Battistero), cattedrale di Santa Maria del Fiore e battistero di San Giovanni, sulle “mappe” in fondo al volume. Ma gli si affianca anche un percorso sonoro, grazie all’applicazione, scaricabile con un QR code compreso nel volume, che permette di ascoltare una riproduzione storicamente informata del suono dei vari strumenti rappresentati, realizzata, esempio dopo esempio, da Mauro Morini (che è anche il consulente musicale del progetto), e dagli altri componenti dell’ensemble “La Pifarescha”; e c’è anche, nel volume, il ricco ed approfondito glossario di strumenti e termini musicali curato da Jaya Di Domenico e Dalila La Civita. Parliamo dunque di viella, viola, violone, liuto, ribeca, salterio, arpa, organo portativo, organistrum, bombarda, bombardino, flauto, tromba, ciaramella, piva, percussioni di varia tipologia, e poi strumenti “archeologici” suggeriti dalle sacre scritture, come le trombe ebraiche hazozerot che vediamo nel mosaico del Giudizio Universale della cupola di San Giovanni (XIII – inizio XIV secolo), o, più di un secolo dopo, in una delle formelle di Lorenzo Ghiberti per la Porta del Paradiso, quella della consegna delle tavole a Mosè; oppure proposti dalle reminiscenze classiche, come le innumerevoli tube romane.
Quello che colpisce, mettendo insieme i saggi e le schede, è una visione d’insieme che porta questa pubblicazione molto al di là di un mero catalogo. La scelta di aprire la collana con Firenze, con i luoghi e i tesori dell’Opera del Duomo, è opportuna, e non solo per la già ricchissima bibliografia disponibile e per gli studi che le si sono poi affiancati. Qui il terreno è particolarmente fertile per scoperte che si possono ancora fare, nella prospettiva riccamente interdisciplinare dell’iconografia, dell’iconografia musicale, dell’organologia, della prassi esecutiva, magari incrociate alle cronache di musiche realmente eseguite. O semplicemente perché si è guardato meglio, facendosi le domande giuste. Ecco, ad esempio, che viene decifrato correttamente il soggetto della formella marmorea di Luca della Robbia “Euclide e Pitagora” per il basamento del lato nord del campanile di Giotto: non solo i due hanno in mano un monocordo, simbolo stesso del nesso proprio del Quadrivio medievale fra Aritmetica-Geometria e Musica, ma stanno anche azionando un ponticello mobile per segmentare diversamente la corda, e valutare e quantificare le specie musicali così prodotte.
Tra la visione codificata e la musica reale, gli angeli musicanti tardo-cinquecenteschi di Santi di Tito sulla controfacciata, ai lati dello splendido mosaico dell’Incoronazione della Vergine di Gaddo Gaddi (che è di quasi tre secoli prima), sono forse riferibili al ricordo dell’apparato musicale collocato qui, su un ballatoio, per l’incoronazione di Cristina di Lorena a Granduchessa di Toscana nel 1589, dunque a un’occasione di musica reale. L’informazione dell’organologia musicale fornisce lo spunto per suggerire identificazioni più precise e puntuali, com’è il caso dell’organistrum, e non una generica viella o simili, individuato in mano ad uno dei giovani musicanti della Cantoria di Luca della Robbia nella ricchissima scheda dedicata a questo capolavoro. D’altra parte, i putti sfrenati quasi in un corteo dionisiaco della Cantoria contrapposta, quella di Donatello, ci mostrano la profonda influenza e recupero dell’arte classica che è la scaturigine stessa del Rinascimento fiorentino e che ci è ben nota da tante altre fonti (pensiamo alla biografia del Brunelleschi di Antonio Manetti).
Ma questo, questa confluenza anche a livello iconografico delle due fonti dell’orizzonte simbolico europeo, classicità e sacre scritture, nell’arte sacra fiorentina era già presente da un pezzo. L’opera che figura in copertina, l’angelo con tromba di Tino di Camaino datato 1321, che smorza il suono dello strumento con la mano destra, ha forse a che vedere con i geni spegnifiaccola che rappresentavano l’estinguersi della vita nell’iconografia classica, e infatti l’ipotesi è che fosse parte del monumento funebre del vescovo Antonio d’Orso. Perché, finita la vita, finisce anche la musica instrumentalis, come direbbe Boezio, la musica reale che facciamo con voci e strumenti, oltre c’è il silenzio, e oltre il silenzio, forse, la musica delle sfere, quella musica che cerca di ascoltare, o almeno di immaginare, guardando verso l’alto, uno dei giovani personaggi della cantoria di Luca Della Robbia.