Che l'opera sia un genere con lo sguardo rivolto al passato è tutt'altro che vero. Da secoli lo sviluppo tecnologico è stato seguito da impresari e compositori con grande interesse e non di rado le più avanzate innovazioni sul piano scenotecnico o illuminotecnico hanno permesso lo sviluppo di generi e di forme altrimenti difficilmente realizzabili. Naturale quindi che in tempi in cui i social media la fanno da padroni nel campo della comunicazione ci sia chi voglia portare l'opera a una platea virtuale usando la rete. Il primo teatro della rete è nato ufficialmente lo scorso 28 giugno e si chiama The Social Opera House. I suoi fondatori sono il compositore Alberto Cara e il regista e drammaturgo Stefano Simone Pintor, che raccontano ai lettori del gdm la genesi del loro progetto e i programmi del primo teatro d'opera virtuale.
Come è nato The Social Opera House?
Alberto Cara: «Da tempo avevo un'idea: la realizzazione di una Web Opera Series, vale a dire un'opera lirica a puntate, pensata appositamente per il web. L'idea era quella di riportare a una popolarità diffusa questo genere ormai considerato d'élite. Oggi non c'è niente di più popolare ed esteso di internet e dei social media. I video blogger più di successo sono seguiti da milioni di followers, hanno un pubblico tutto loro che si sono costruiti dando seguito a un'idea evidentemente di successo. A suo modo, questa è giá una forma o un genere di spettacolo».
Stefano Simone Pintor: «All'idea di Alberto ho unito un mio sogno nel cassetto, cioè tentare di realizzare il primo teatro di produzione completamente virtuale del mondo. Si dice che oggi la gente non va più a teatro e abbiamo pensato: se Maometto non va alla montagna ... e così è nato The Social Opera House, il cui obiettivo primario è quello di unire le nuove tecnologie informatiche con l'antichissimo mezzo del teatro. E il suo primo prodotto è proprio "The Banker", la prima Web Opera Series mai scritta. Per visitare il teatro, immergersi nella sua filosofia, partecipare artisticamente alla sua stagione o magari solo vedere da spettatore i suoi spettacoli, basta connettersi da un qualsiasi dispositivo all'indirizzo socialoperahouse
Non è certo una novità che i compositori cerchino un pubblico anche in luoghi tradizionalmente non deputati all'opera. Penso per esempio ai vari esperimenti radiofonici ma anche a Britten e al suo "Owen Wingrave" pensato per il pubblico televisivo della BBC. O, restando nella rete, a "The Book of Sand" il ciclo di Lied digitale interattivo che Michael van der Aa ha presentato al recente Holland Festival. Avevate in mente un modello preciso per il vostro esperimento?
Pintor: «Oltre a Britten, che è una testimonianza di come l'opera possa funzionare anche se pensata unicamente per il mezzo video, altri riferimenti sono stati "John Gabriel Borkman" di Ibsen, per la regia di Luca Ronconi del 1981 e in generale tutti gli sceneggiati RAI di Ronconi di quegli anni o di anni precedenti».
Cara: «Tutti questi riferimenti sono stati per noi importanti per quanto riguarda la forma che abbiamo scelto per la nostra opera: infatti, una nostra convinzione iniziale era sicuramente che il rinnovamento del repertorio operistico dovesse passare anche dalla sua forma e non solo dalla novità del soggetto».
Perché comporre per un palcoscenico virtuale?
Cara: «La web series, almeno in teoria, è un oggetto a sé stante ma anche amplificatore dello spettacolo dal vivo: dal web si generano un consenso e un orizzonte d'attesa che possono creare un pubblico nuovo e, di conseguenza, spingere i teatri a produrre novità sulla base di una richiesta reale. Troppo spesso oggi si producono opere nuove solo per il fatto che "si deve fare". Il risultato è che poi non c'è una risposta, non si crea la fortuna di un'opera. Se trovassimo, convincessimo un pubblico nuovo, allora forse potrebbe riprodursi quella trafila assolutamente sana che da sempre è stata l'asse portante della produzione teatrale: c'è un pubblico che chiede novità e ci sono i teatri che commissionano nuovi lavori. E il cerchio si chiude con un bel teatro pieno».
Dal punto di vista del linguaggio musicale, cambia qualcosa nel processo di creazione quando si compone per il web e non per un palcoscenico più tradizionale?
Cara: «Cambia qualcosa dal punto di vista della "sintassi" (mi si passi il termine), ossia dell'organizzazione del materiale musicale: la durata breve di ogni singolo episodio influenza sicuramente la drammaturgia e quindi la musica. Tuttavia mi sono chiesto spesso se la mia partitura avrebbe funzionato allo stesso modo in una forma "live" e, mentre registravamo, mi sono reso conto che i meccanismi in atto erano tali da garantire una forma di tensione che probabilmente si sarebbe generata allo stesso modo su un palcoscenico tradizionale. D'altronde, è nostra intenzione riuscire a produrre una materia in grado di passare, con i dovuti accorgimenti, da un medium all'altro.»
Il primo titolo di Social Opera House è "The Banker", figura quanto mai controversa di questi tempi. Da dove nasce l'ispirazione?
Pintor: «Il riferimento principale è Sciascia e il suo "Todo Modo", e naturalmente l'omonimo film di Elio Petri del 1976. Ci sono però tanti altri libri e film da cui abbiamo "rubato" qua e là e che trattano o hanno trattato della storia d'Italia degli ultimi 30-50 anni, così come dei suoi protagonisti. Ci preme però sottolineare che a parte qualche vago riferimento, la storia, proprio come quella di "Todo Modo", è completamente inventata».
Per ora il pubblico della rete può solo vedere l'episodio pilota, che è quasi un trailer di quella che sarà la futura serie. Come si articolerà il seguito e soprattutto che ruolo avrà il pubblico? Potrà interagire con voi autori?
Pintor: «Per "The Banker" prevediamo di realizzare una o, se ci va bene, due serie di circa 10/12 puntate. Ogni puntata durerà circa 10 minuti e sia il testo che la musica sono pensati per essere poi riuniti in un unico film, ma anche in un'unica opera in grado di adattarsi anche a un normale palcoscenico teatrale».
Cara: «Aggiungerei che la forma a puntate dà la possibilità di concentrarsi di volta in volta su uno specifico e differente "ambiente" musicale. Senza necessariamente assumere l'eclettismo come paradigma stilistico, si proverà ad assecondare di volta in volta la temperie drammaturgica con la scrittura musicale più appropriata. Questo potrebbe dar vita a scene, o puntate, molto diverse tra loro, per quanto riguarda la musica. Tutto ciò non contraddice affatto l'idea di un oggetto "multifunzionale" pensato per il web e, successivamente per il teatro; anzi: corrisponde all'idea che mi sono fatto del teatro musicale, e cioè che la maturazione o, meglio, il cambiamento dei personaggi durante l'arco narrativo debba essere guidato da una pari evoluzione musicale assai chiaramente percepibile».
Quindi lo spettatore non avrà un ruolo attivo nel processo creativo ...
Pintor: «Con il pubblico abbiamo in mente di realizzare un'interazione "social" il più possibile vicina a quella di un normale teatro. Si dice che il teatro (dal verbo greco "theáomai" ossia guardare) esista solo nella misura in cui qualcuno guarda e qualcuno è guardato. In pratica, il teatro è il collegamento che si crea fra uno spettatore e un attore. Allo stesso modo, Internet e le nuove tecnologie offrono a ognuno di noi un collegamento continuo. Oggi tutti siamo sempre connessi e compresenti in un luogo virtuale, dove la comunità allargata e globale del web può incontrarsi come e quando vuole. Così ci siamo chiesti se non fosse possibile portare il teatro a una sua nuova versione 2.0, in grado di realizzarsi unicamente nella seconda vita che ognuno di noi oggi vive... E questa compresenza e interazione che ha il "teatro sociale" vorremmo anzitutto realizzarla dando la possibilità al nostro pubblico di commentare direttamente sulla nostra pagina quello che vede in tempo reale, proprio come farebbe a teatro guardando uno spettacolo. In pratica, funzionerà più o meno come il "like" o "unlike" di facebook o di altri social network, ma magari al posto di essi troveremo un "applauso" o un "buh" ... E poi chissà cosa ci riserverà la tecnologia del futuro, con le sue architetture virtuali, la sua realtà aumentata».
Cara: «Mi viene in mente solo una possibilità, per ora, ed è legata alla drammaturgia. Potremmo pensare a un'opera componibile. Cioè potremmo creare piccole "forme", o scene, e licenziarle contemporaneamente, dando al pubblico la possibilità di scegliere la loro disposizione. Un po' come nel film di Alain Resnais Smoking/No smoking, in cui il protagonista era in dubbio se fumare o meno una sigaretta e quindi il pubblico optava per una o l'altra soluzione continuando a vedere lo stesso film o un seguito diverso a seconda della scelta. Quest'esperimento si può fare sia con "moduli" che in qualche modo diano un risultato consequenziale (come in Resnais) sia con "moduli" pensati come quadri a sé stanti, componibili come degli haikai. In questo caso, il pubblico non guida effettivamente il processo compositivo, ma durante il processo stesso non si può non tenere conto del fatto che l'oggetto finale deve permettere queste possibilità di scelta».
Avete descritto "The Banker" come primo prodotto per il vostro teatro virtuale. Potete già anticipare qualcosa sui prossimi progetti?
Cara: «Almeno all'inizio, l'intenzione è quella di non saturare il nostro teatro accavallando troppi progetti, anche per non confondere il nostro pubblico che, come succede in ogni teatro, va "coltivato" e fidelizzato giorno dopo giorno. Poiché si tratta di un teatro d'opera pensiamo in breve di realizzare anche degli esperimenti nell'ambito della musica sinfonica, da camera e nel balletto. Siamo già in contatto con altri professionisti interessati».
Pintor: «Un largo spazio ce l'avrà anche il teatro per bambini e per ragazzi, i veri nativi digitali di oggi, a cui si può certamente insegnare anche attraverso il mezzo Internet il piacere dell'andare poi a teatro veramente. Seguendo quest'idea, a breve lanceremo anche un nostro teatro di prosa, gemello di The Social Opera House, dal nome The Streaming Theatre (streamingtheatre), e il suo primo progetto da noi prodotto e realizzato sarà proprio uno spettacolo per bambini. Per il resto, come si trova descritto nei nostri siti, ci aspettiamo che siano gli stessi artisti a contattarci e proporci progetti. L'idea è quella di creare una nuova comunità, dove io e Alberto, più che dei Direttori Artistici in senso stretto, saremo dei moderatori».
A proposito di banchieri e di banche, come contate di finanziare un progetto che vive unicamente, almeno per ora, nella rete?
Pintor: «Inutile nasconderlo, purtroppo la cultura non si sostiene da sola, almeno all'inizio. Per la nostra fase di startup, ci vogliono investimenti iniziali consistenti. Con il sostegno e il contributo della società Retropalco, siamo alla ricerca di finanziatori pubblici e privati (teatri o altro) che credano nel progetto e che vogliano portarlo avanti con noi. Oltre a questo abbiamo realizzato un nostro network di crowdfunding utilizzando i servizi di Produzioni dal Basso, la prima piattaforma di crowdfunding italiana e una delle più longeve a livello europeo e mondiale. La scelta del crowfunding riflette anche una scelta di responsabilizzazione del nostro pubblico. In questo modo, infatti, non solo l'artista potrà ottenere i fondi di cui necessita per realizzare la propria opera, ma ogni spettatore si sentirà spinto a dare il proprio contributo tramite una libera donazione. Questo vuol dire che chiunque potrà fruire delle opere in cartellone gratuitamente, ma significa anche che, se si sarà appassionato abbastanza a una di esse, allora farà sicuramente la sua offerta libera, garantendone così la sua completa realizzazione. Oltre a tutto questo, non mancheremo di partecipare a molti concorsi per la creatività e le nuove proposte in giro per il mondo... E speriamo di vedere questo progetto, sicuramente molto ambizioso, decollare come si deve!»
Il prossimo appuntamento in rete? Avete già una data?
Pintor: «A breve ci è difficile dirlo. Dipende soprattutto da quanti finanziamenti riusciremo a trovare. Per questo abbiamo bisogno della spinta del nostro pubblico virtuale! Se l'episodio pilota vi è piaciuto e vi ha interessato, fateci pubblicità e sosteneteci. L'unione della rete fa la forza!».