Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Caro Giornale della Musica,
sono un violinista, insegnante al Conservatorio di Milano. Ti voglio raccontare una storia.
Il 24 giugno scorso il Ministero ha spedito una nota in cui ha vietato a noi docenti di tenere corsi estivi, se a frequentarli sono i nostri studenti. Nel mio piccolo non ho potuto che annullare in fretta e furia le mie Officine, il corso estivo che tengo da anni.
I miei studenti ci sono rimasti malissimo – il corso è nato per loro –, e così i genitori, che mi hanno inondato di messaggi in cui esprimevano tutto il loro disappunto. Ma qui inizia il bello perché i ragazzi non si sono persi d’animo, e in due e due quattro hanno deciso che le Officine le avrebbero fatte comunque, da soli.
Così è stato. Per una decina di giorni otto studenti, grandi e piccoli, si sono riuniti lontano da casa senza una guida, solo con due intelligenti e valenti pianisti accompagnatori; hanno studiato, si sono esibiti, si sono dati ascolto e si sono accuditi l’un l’altro sia sul piano umano che su quello strettamente violinistico e musicale. Hanno tenuto un diario e si sono costantemente registrati in video, per valutare i progressi fatti e avere documenti su cui ragionare tutti insieme. Il gruppo, la condivisione, la discussione, sono stati la loro forza. Con molto spirito hanno preso a chiamarle Offisine, officine sine magistro.
Sono corso ad ascoltare il concerto finale – spero di non incorrere nelle ire del Ministero, ma non me lo sarei perso per nessuna ragione – e per me è stato il momento forse più emozionante di un’intera vita spesa ad insegnare. È stato triste e bellissimo allo stesso tempo.
Come si sa, i corsi estivi sono cosa del tutto diversa dalle lezioni accademiche. Sono un territorio libero, dove è possibile fare quel che in Conservatorio non è consentito per ragioni di tempo e di impostazione generale: sperimentare nuovi approcci didattici, studiare repertori esclusi dai programmi di studio. In più colmano la lunga mancanza di lezioni durante l’estate, che è una lacuna della programmazione accademica particolarmente grave. Ci sono studenti che li aspettano come fosse l’ossigeno perché durante l’anno sono oberati di lavoro, e che programmano i loro esami a settembre proprio per poter sfruttare l’estate per studiare in condizioni didatticamente ideali. Ma più di tutto sono una meravigliosa esperienza di comunità, una dimensione a cui i Conservatori ormai hanno rinunciato, come fosse ininfluente. Al giorno d’oggi in Conservatorio gli studenti sono sempre soli in classe col docente, e non li si può nemmeno biasimare perché tutti gli altri sono a correr dietro ai corsi da frequentare, che hanno orari ben poco coordinati tra loro.
Sappiamo cosa vuole evitare la nota ministeriale, l’intento è di reagire agli scandali emersi qua e là, si è parlato di denari ottenuti con lezioni private in cambio di favori, ammissioni, promozioni. Mi limito a considerare che è stata emanata molto fuori tempo, quando un corso poteva essere già iniziato o addirittura già concluso, e che con l’intento di impedire il sommerso delle lezioni private – che sono sempre state vietate: i corsi estivi sono altro – ha interdetto ciò che invece è alla luce del sole, produce lavoro, attività turistica, attività musicale vera e propria ecc.
La sostanza della realtà che disegna è che d’estate i miei allievi possono studiare con tutti fuorché con il loro maestro, che hanno scelto e che li ha accolti, e io posso insegnare a tutti fuorché ai miei studenti: ha senso? Ed è stato un bene lasciarli per mesi senza lezioni? Secondo la nota ministeriale avrebbero potuto studiare con chiunque, dunque chiunque è meglio dell’insegnante a cui il Ministero stesso li ha affidati?
Non mi illudo che si voglia rimetter mano alla nota. Forse, però, se il Ministero conoscesse esperienze come quella che ho raccontato – che sono sicuro non sia l’unica –, forse allora guarderebbe diversamente alla materia che ha voluto normare. Quello dei miei studenti è stato un esperimento didattico e sociale avanzatissimo, addirittura visionario, che ha avuto un esito felicissimo. Ha un valore altissimo ma non sarebbe proponibile una seconda volta. Ma è stato anche una protesta, ferma, intelligente e civile, a cui in un mondo ideale si dovrebbe dare ascolto.
La scuola, l’istituzione scolastica, dà tutto il necessario, bada veramente alla qualità di quel che offre? Non dovrebbe difendere ciò che ha di più prezioso, il fatto che la musica la si studia in un rapporto uno a uno, fin dalla più tenera età, col proprio insegnante? È un rapporto magico e sacro – nessuna scuola, di nessun ordine, offre mai un’occasione del genere –, con un’enorme valenza educativa. Ogni ora trascorsa affianco all’insegnante, ogni esperienza vissuta con lui, perfino le ore di svago, rimarranno indelebili nel ricordo di uno studente.
Invece la nota ministeriale in pratica sta dicendo ai miei studenti che deve difenderli da me. Lo trovo poco decoroso: io ho sempre creduto nel valore della scuola pubblica e nella sua idealità.
Fulvio Luciani
Fulvio Luciani insegna da molti anni al Conservatorio di Milano. È stato fondatore e primo violino del Quartetto Borciani e dal 2008 suona in duo col pianista Massimiliano Motterle. Ha sempre seguito un personale percorso di ricerca come esecutore e didatta, e ama scrivere di ciò che suona.
È il protagonista della riscoperta di Camillo Sivori, celebre virtuoso dell’Ottocento, ha pubblicato presso Ricordi una revisione critica delle Sonate e Partite per violino solo di Johann Sebastian Bach, ha vinto il Premio Internazionale del Disco Antonio Vivaldi per la musica antica della Fondazione Cini, e Gabriele Manca ha scritto per lui un concerto per violino.